Domenica 11 Maggio, la XXXI edizione della Manifestazione Nazionale “Chiese Aperte” di Archeoclub D'Italia. Un importante appuntamento c...
Domenica 11 Maggio, la XXXI edizione della Manifestazione Nazionale “Chiese Aperte” di Archeoclub D'Italia. Un importante appuntamento caratterizzato quest’anno dalla concomitanza con il Giubileo Universale ordinario della Chiesa Cattolica 2025
L’ Archeoclub “Area Integrata dello Stretto”, presieduto da Rosanna Trovato, quest’anno partecipa alla manifestazione su entrambe le sponde, “aprendo alla conoscenza” l’Eremo Madonna degli Angeli a Messina e la Chiesa Madonna dei Poveri (detta di Pepe) a Reggio Calabria.
Sarà una grande festa dedicata alla conoscenza dell’immenso e capillarmente diffuso patrimonio ecclesiale del nostro territorio nazionale. L’evento, che ha luogo ogni anno la seconda domenica di maggio e coinvolge studenti, studiosi e volontari, ha lo scopo di aprire al pubblico edifici sacri chiusi o comunque poco conosciuti o non utilizzati, nonostante il loro notevole valore storico-artistico ed architettonico. Luoghi che, in alcuni casi, sono trascurati e abbandonati al degrado impietoso del tempo.
Domenica 11 maggio, dalle 9.00 alle 13.00, i Soci di Archeoclub dello Stretto, con la Presidente Rosanna Trovato, accoglieranno i visitatori all’Eremo Madonna degli Angeli, sulla sommità di una collinetta, a soli 118 metri s.l.m., in prossimità di Fondo Fucile-Gazzi. Lì, a neanche due km dal centro della città di Messina, sorge una chiesetta, ricostruita sui ruderi dell’Eremo, un vero e proprio gioiello dove si fondono armoniosamente fede, storia ed arte. Insieme ai Soci di Archeoclub, ci saranno i piccoli studenti del vicino Istituto Comprensivo Albino Luciani, “apprendisti ciceroni”, che guideranno i visitatori nella storia e nell’arte della chiesetta... tra un prezioso dipinto attribuito al Catalano il Giovane e un altare settecentesco ben conservato,... tra un antico busto ligneo dell’Ecce Homo e una magnifica acquasantiera di marmo.
E animeranno con i loro disegni l’ampio sagrato dalla pavimentazione in cotto antico in gran parte rimasto intatto, con al centro il vecchio Pozzo ottagonale, in pietra bianca e mattoni, ai lati del quale è incisa la data 1773 e vi è anche collocata la lapide commemorativa della sua costruzione. Illustreranno le diverse targhe marmoree e le lapidi tombali che prima giacevano nel pavimento della chiesetta e ora sono sistemate in bella vista sul muro esterno, che fa da argine alla collinetta. Tante testimonianze scritte in latino e in italiano, che riportano date, uno stemma nobiliare, nomi di famiglie messinesi che nella cripta della chiesa, non più accessibile ma ancora esistente e di dimensioni ridotte rispetto all’edificio sovrastante, hanno trovato sepoltura. In un angolo del sagrato, è stata posta l’ 8 maggio 1981 una scultura in cemento, opera del maestro Giuseppe Abate, raffigurante, su un cumulo di pietre laviche, una barca avente come albero maestro una possente Croce col Cristo, dal volto non definito. Lì vicino verrà piantumato un ulivo bianco, dono della comunità scolastica Albino Luciani che, grazie alla sensibilità della Dirigente scolastica Grazia Patané, ha sposato il progetto di Archeoclub D’Italia l’Ulivo della Madonna una specie da salvare.
Secondo lo storico C.D. Gallo, già nel 1685 esisteva, in questo luogo, un oratorio dove dimorava l’eremita P. Giovan Battista di Pino proveniente da Matera e qui giunto per condurre vita da penitente, secondo la regola di S. Pacomio ( IV sec.). Le vicende dell’ Eremo si intrecciano con quelle della storia dei tempi: la rivoluzione antiborbonica del 1848 con gravi conseguenze sul territorio di Gazzi; le leggi del 1866 del giovane Stato unitario che sopprimono gli Ordini religiosi e confiscano i beni ecclesiastici; il terremoto del 1908 che danneggia seriamente l’Eremo. Ormai ridotto in condizioni molto precarie, torna a vivere per iniziativa dell’Arcivescovo Mons. Francesco Fasola che, come riporta la lapide posta accanto alla chiesa, nel 1968 lo affida alla Famiglia Religiosa delle Collaboratrici di Gesù Crocifisso, Società di Vita Apostolica, la cui opera ed accoglienza procede ancora oggi grazie alle due sorelle Giuseppina e Maria Casciana che se ne prendono amorevolmente cura.
Domenica 11 maggio, dalle ore 10 alle 12 e dalle 16 alle 18,30, visita alla Chiesa della Madonna dei Poveri, comunemente conosciuta come a Krèsiê Pipi (Chiesa di Pepe), che si trova in Via Trabocchetto Terzo a Reggio Calabria. Sarà illustrata dalla Vicepresidente Francesca Crea e dai soci stessi: un’occasione per scoprire le vicende e le caratteristiche architettoniche e artistiche di una Chiesa pressoché sconosciuta e con una storia molto interessante.
L'originario luogo di culto fu edificato forse nel corso del X secolo dedicato al Santissimo Salvatore, unico ricordo ne è la "via del Salvatore" che si congiunge alla chiesa; fu la parrocchia della periferia reggina come chiesa dittereale, cioè chiesa succursale della Cattolica dei Greci, allora ubicata in piazza Italia ed unica parrocchia del centro cittadino. L'esistenza della chiesa del Salvatore è già attestata da documenti della metà dell'XI secolo e probabilmente è da identificare con una delle tre chiese poste sulla collina che "per la sua vicinanza sovrasta la città" di cui si legge nella vita di san Lorenzo di Frazzanò, che fu a Reggio intorno al 1158. Da essa fino alla seconda metà del XVIII secolo la domenica delle Palme partiva la celebre "processione della Sannà", descritta dagli storici reggini come evento particolarmente suggestivo, che ha dato nome all'attuale "via Osanna" e che giungeva alla Cattolica percorrendo a ritroso quella che forse era stata la via sacra dei greci dalla agorà (piazza Italia) all'acropoli (Trabocchetto). Dopo la peste degli anni 1576 – 1577 dato che il lazzaretto in quel frangente era stato impiantato attorno alla chiesa, essa rimase chiusa al culto per diversi anni nel timore che frequentare quel luogo potesse essere ancora causa di contagio e le sue strutture per l'abbandono subirono danni. Negli anni a cavallo tra i secoli XVI e XVII fu ristrutturata: furono abolite le antiche tre absidi bizantine e sostituite con l'unica ampia abside ancora esistente, furono praticate nei muri cinque finestre, quattro delle quali ancora visibili, fu rifatto il tetto, le cui grondaie erano sostenute da cagnoli in pietra intagliata in parte conservati.
Col terremoto del 1783 crollò la facciata, qualche metro più avanzata rispetto all'attuale, e la chiesa rimase per alcuni decenni abbandonata, finché, alla metà del XIX secolo il terreno dove essa sorgeva con tutti i ruderi fu acquistato da un pasticcere reggino, Paolo Albanese, chiamato "Paulu Pipi", che dette il suo nome alla chiesa, a Krèsiê Pipi. Egli infatti restaurò i ruderi esistenti, ne rialzò le murature di circa tre metri, rifece la facciata ed il campanile, e dedicò il luogo di culto al suo santo patrono, chiamandolo San Paolo e dotandolo di una statua del santo ancora conservata. Il terremoto del 1908 fece ancora una volta crollare la facciata ed il campanile e sulle strutture edilizie rimaste intatte una squadra di soccorso americana costruì una chiesa baraccata, ricoperta di lamiere, "a krèsiê landa", che servì ancora una volta come parroc-chia col titolo di San Paolo per i vasti insediamenti baraccati sorti sulle colline orientali della città. Nel frattempo fu costruito un nuovo edificio cultuale per quella vasta parrocchia, l'attuale chiesa di San Paolo alla Rotonda, e nel 1935 essa si trasferì in quella nuova sede. La chiesa, unico cimelio bizantino esistente quasi integro nella città di Reggio Calabria, il 22 marzo 2001 fu visitata da S.S. Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, durante il suo pellegrinaggio ai luoghi sacri della grecità di Calabria e Sicilia.
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