"Cosa avrebbe fatto Trilussa in questi giorni? Lui scrisse cose memorabili sulla decadenza di quel periodo. Anche allora ci si spartiva il potere e lui ne parlava; mi piace immaginare cosa scriverebbe oggi, e forse riuscirei anche a trovare le parole giuste per descrivere, con la sua voce, l'Italia di oggi. Era un grande poeta, un anarchico, un bevitore, uno che prendeva per i fondelli Mussolini in un modo memorabile, tanto che lui se ne beava, salvo accorgersi solo dopo, in seguito, che era stato preso in giro". A parlare è Michele Placido, attore e regista che interpreta il grande poeta romano, nella miniserie "Trilussa. Storia d'amore e di poesia" , prodotta da Titanus per RaiFiction e diretta da Lodovico Gasperini, in onda l'11 e il 12 marzo, in prima serata su Rai1. Le musiche che faranno da cornice sono di Stelvio Cipriani autore di numerose colonne sonore cinematografiche, ne ricordiamo una per tutte "Anonimo Veneziano". "Trilussa era dalla parte del popolo - continua Placido - "nelle sue poesie parla della decadenza della politica, ma la sua forza è stata l'essere un anticonformista: seppe fronteggiare con grande ironia, arguzia e capacità i due grandi potenti del suo tempo, il Papa e Mussolini. Non è un poeta dialettale, come Pascarella, è più colto, coraggioso e con un linguaggio arguto, commenta mezzo secolo di cronaca italiana sparando con i suoi versi contro la corruzione dei politici. Per lui sarebbe stato più comodo prendere la tessera fascista ma non si allineò come D'Annunzio e Pirandello, era un uomo libero e irriverente che non si piegò mai al potere anche se a corto di soldi, infatti viveva alla giornata, aveva l'incubo di pagare l'affitto, era sempre pieno di debiti e però si godeva la vita tra donne, abiti eleganti e teatro. Quando il Presidente della Repubblica Einaudi lo nominò senatore a vita nel 1950, non a caso commentò “m'hanno nominato senatore a morte” e morì pochi giorni dopo".
Trilussa diventa famoso per le sue composizioni in dialetto romanesco ma la sua peculiarità è la satira politica che usa con intelligenza, infatti, i suoi rapporti con il regime furono sempre sereni e improntati a reciproco rispetto. Con i suoi sonetti ha commentato circa cinquant'anni di cronaca romana e italiana, dall'età giolittiana agli anni del fascismo e a quelli del dopoguerra. La corruzione dei politici, il fanatismo dei gerarchi, gli intrallazzi dei potenti sono alcuni dei suoi bersagli preferiti. Ma la satira politica e sociale, condotta d'altronde con un certo scetticismo qualunquistico, non è l'unico motivo ispiratore della poesia trilussiana: frequenti sono i momenti di crepuscolare malinconia, la riflessione sconsolata, qua e là corretta dai guizzi dell'ironia, sugli amori che appassiscono, sulla solitudine che rende amara e vuota la vecchiaia. Era un uomo vanitoso e non diceva mai la sua vera età, benché 79enne al momento del trapasso, si ostinava a dichiarare di averne 73.
La storia televisiva di Carlo Alberto Salustri, in arte Trilussa (dall'anagramma del suo cognome), inizia nel 1937, sullo sfondo la vigilia della persecuzione ebraica e della seconda guerra mondiale. Il poeta ha 66 anni e vive in una casa-studio, nel ghetto ebraico di Roma, assistito dall'inseparabile Rosa Tomei, interpretata da Monica Guerritore che di lei dice: "Rosa è stata la salvezza di Trilussa, la custode di tutta la sua intimità, lo salvava dai creditori e da se stesso, accudendolo amorevolmente come un'amante, una badante, una madre, un'amica, una sorella, per consentirgli di scrivere in serenità. Nei momenti economicamente più duri, si privava lei stessa del cibo, in particolare della cicoria che a lui tanto piaceva e che raccoglieva a Monteverde. Di Rosa Tomei sappiamo che era la compagna di vita di Trilussa, e praticamente nient'altro. Era una donna non bella, ma forte, che pochi giorni dopo la morte di Trilussa venne sfrattata, e poco dopo morì in povertà. Io ho cercato di dar voce a questa donna che da viva non è mai riuscita a farsi sentire ed ha lasciato anche delle poesie dalle quali traspare il sentimento incondizionato che nutriva per Trilussa. Non ho dovuto far conto su nessuna caratteristica femminile per interpretare il suo ruolo, la caratteristica è l'amore, ma di un tipo oggi praticamente sconosciuto, un amore che è fonte di dedizione totale e di coraggio. Raramente ho visto nella storia del cinema, un amore così grande e potente". Della Tomei, che rimase accanto al poeta per oltre 40 anni non si sa molto, a parte che, dopo la morte di Trilussa fu cacciata fuori dalla casa in cui avevano abitato insieme. La sua devozione non fu mai ricambiata da Trilussa, nemmeno sul piano economico, non le pagò mai un salario nè le lasciò nulla in eredità: "Nun t'ho manco sistemata..." si scusò il poeta prima di morire. Trilussa è sepolto nello storico Cimitero del Verano in Roma, dietro il muro del Pincetto sulla rampa carrozzabile, nella seconda curva. Sulla sua tomba in marmo è scolpito un libro, sul quale è incisa la poesia Felicità. Quella felicità tanto sognata da Rosa che, da analfabeta era diventata poetessa ma morì, a soli 50 anni, povera e col sogno di vedere pubblicati i suoi sonetti.
Trilussa diventa famoso per le sue composizioni in dialetto romanesco ma la sua peculiarità è la satira politica che usa con intelligenza, infatti, i suoi rapporti con il regime furono sempre sereni e improntati a reciproco rispetto. Con i suoi sonetti ha commentato circa cinquant'anni di cronaca romana e italiana, dall'età giolittiana agli anni del fascismo e a quelli del dopoguerra. La corruzione dei politici, il fanatismo dei gerarchi, gli intrallazzi dei potenti sono alcuni dei suoi bersagli preferiti. Ma la satira politica e sociale, condotta d'altronde con un certo scetticismo qualunquistico, non è l'unico motivo ispiratore della poesia trilussiana: frequenti sono i momenti di crepuscolare malinconia, la riflessione sconsolata, qua e là corretta dai guizzi dell'ironia, sugli amori che appassiscono, sulla solitudine che rende amara e vuota la vecchiaia. Era un uomo vanitoso e non diceva mai la sua vera età, benché 79enne al momento del trapasso, si ostinava a dichiarare di averne 73.
La storia televisiva di Carlo Alberto Salustri, in arte Trilussa (dall'anagramma del suo cognome), inizia nel 1937, sullo sfondo la vigilia della persecuzione ebraica e della seconda guerra mondiale. Il poeta ha 66 anni e vive in una casa-studio, nel ghetto ebraico di Roma, assistito dall'inseparabile Rosa Tomei, interpretata da Monica Guerritore che di lei dice: "Rosa è stata la salvezza di Trilussa, la custode di tutta la sua intimità, lo salvava dai creditori e da se stesso, accudendolo amorevolmente come un'amante, una badante, una madre, un'amica, una sorella, per consentirgli di scrivere in serenità. Nei momenti economicamente più duri, si privava lei stessa del cibo, in particolare della cicoria che a lui tanto piaceva e che raccoglieva a Monteverde. Di Rosa Tomei sappiamo che era la compagna di vita di Trilussa, e praticamente nient'altro. Era una donna non bella, ma forte, che pochi giorni dopo la morte di Trilussa venne sfrattata, e poco dopo morì in povertà. Io ho cercato di dar voce a questa donna che da viva non è mai riuscita a farsi sentire ed ha lasciato anche delle poesie dalle quali traspare il sentimento incondizionato che nutriva per Trilussa. Non ho dovuto far conto su nessuna caratteristica femminile per interpretare il suo ruolo, la caratteristica è l'amore, ma di un tipo oggi praticamente sconosciuto, un amore che è fonte di dedizione totale e di coraggio. Raramente ho visto nella storia del cinema, un amore così grande e potente". Della Tomei, che rimase accanto al poeta per oltre 40 anni non si sa molto, a parte che, dopo la morte di Trilussa fu cacciata fuori dalla casa in cui avevano abitato insieme. La sua devozione non fu mai ricambiata da Trilussa, nemmeno sul piano economico, non le pagò mai un salario nè le lasciò nulla in eredità: "Nun t'ho manco sistemata..." si scusò il poeta prima di morire. Trilussa è sepolto nello storico Cimitero del Verano in Roma, dietro il muro del Pincetto sulla rampa carrozzabile, nella seconda curva. Sulla sua tomba in marmo è scolpito un libro, sul quale è incisa la poesia Felicità. Quella felicità tanto sognata da Rosa che, da analfabeta era diventata poetessa ma morì, a soli 50 anni, povera e col sogno di vedere pubblicati i suoi sonetti.
La fiction di Trilussa si conclude nel 1951 con un'invecchiata Rosa che tenta di acquistare all'asta dei beni del poeta, il busto di bronzo che campeggiava nel salone della loro casa e con il quale era solita parlare. Ci riuscirà?
Antonella Di Pietro©