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SPETTACOLARE ERUZIONE DEL VULCANO ETNA


« ...Trescano ai piedi tuoi silfi e sirene; Fremon dentro di te sofi e giganti..»
(Mario Rapisardi - All'Etna)





Ieri sera, "Mungibeddu" o "a Muntagna", come i siciliani chiamano il vulcano Etna, ha eruttato fontane di lava altissime (come si vedono dalle immagini del video) che si alzavano dal cratere di Sud Est dell’Etna, il più recente (nato nel 1971) ma anche il più attivo degli ultimi anni. Un parossismo vulcanico che evidenzia una potenza superiore rispetto agli ultimi 4 eventi eruttivi degli ultimi giorni, infatti, intorno alle 15.00 di ieri pomeriggio è ripresa la fuoriuscita della lava dal cratere di Sud-Est con esplosioni e lancio di materiale incandescente sino a 20-30 metri di altezza. Ingenti quantità di cenere e lapilli sono caduti sul versante nord/orientale del vulcano e poi da lì su tutto il messinese, nello Stretto e sulla Calabria. L’attività dell’Etna è iniziata martedì 19 attorno alle 5 del mattino.
Dai primi resoconti emerge che i pennacchi di lava si elevavano su un’altezza di almeno 400-500 metri sopra la bocca del cratere, fino ad arrivare ai 700-800 metri. L’eruzione di sabato è la quinta in quattro giorni, ma il tremore vulcanico raggiunto da quest’ultima ha fatto registrare valori una volta e mezzo più elevati rispetto a quelli raggiunti negli altri parossismi. 
L'Etna è il vulcano attivo più grande d'Europa e uno tra i più grandi del mondo. La sua base ha una forma quasi ovale di circa 1600 km2, con l'asse maggiore in direzione Nord-Sud lungo circa 60 km e quello minore in direzione Est-Ovest di circa 40 km. Il suo volume è intorno ai 500 km3.
In genere le eruzioni dell'Etna pur fortemente distruttive delle cose, non lo sono per le persone se si eccettuano i casi fortuiti o di palese imprudenza come quello dell'improvvisa esplosione di massi del 1979 che uccise nove turisti e ne ferì una decina di altri avventuratisi fino al cratere appena spento.
L’attività eruttiva stromboliana, tipica dell’Etna, oltre ai lanci di brandelli di lava ha generato l’emissione di cenere lavica, creando una nube nera che ha costretto le autorità a chiudere l’aeroporto Fontanarossa, dirottando nell’aeroporto di Palermo i due voli già diretti verso Catania. 
Le forti raffiche di vento hanno portato la polvere lavica fino a Messina che stamattina si è svegliata coperta da un manto di cenere, dopo che è caduta per tutta la notte "pioggia nera". Mentre a Catania piovevano pietre. 
I vulcanologi dichiarano che ancora non si può stabilire quando l’Etna terminerà il suo ciclo di eruzioni, fenomeni come questi sono incontrollabili e, oltre che incantare gli osservatori con i flussi di magma che colorano di rosso i versanti del vulcano, possono seriamente mettere in pericolo chi abita nei pressi della  "montagna di fuoco". 
Il fenomeno è costantemente monitorato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ed in particolare dalla sezione INGV di Catania.
E, per non farci mancare nulla, ieri sera si è verificata una prima scossa sismica, tra il Golfo di Patti e Milazzo, di magnitudo 3.4 della scala Richter, con epicentro tra le isole Eolie e il litorale tirrenico del messinese a una profondita' di 10 chilometri. Qualche minuto dopo, la seconda scossa di magnitudo 2.2, a una profondita' di 9 chilometri.

Antonella Di Pietro©




Etimologia e leggende 

Il nome Etna potrebbe risalire alla pronuncia del greco antico itacista del toponimo Aitna (Aἴτνα-ας), nome che fu anche attribuito alle città di Catania e Inessa, che deriva dalla parola greca aitho (bruciare) o dalla parola fenicia attano (fornace). L'Etna era conosciuto nell'età romana come Aetna. Gli Arabi si riferivano ad essa come la montagna Jabal al-burkān o Jabal Aṭma Ṣiqilliyya ("vulcano" o "montagna somma della Sicilia"); questo nome fu più tardi mutato in Mons Gibel cioè: la montagna due volte (dal latino mons "monte" e dall'arabo Jebel (جبل) "monte") proprio per indicarne la sua maestosità. Il termine Mongibello rimase di uso comune praticamente fin quasi ai nostri giorni (ancora oggi qualche anziano chiama l'Etna in questa maniera). Secondo un'altra teoria il nome Mongibello deriva da Mulciber (qui ignem mulcet), uno degli epiteti con cui veniva chiamato, dai latini, il dio Vulcano, che serviva a placare la forza distruttiva dell'Etna. Le popolazioni etnee, per indicare l'Etna, usano a volte il termine gergale 'a muntagna semplicemente nel suo significato di montagna per antonomasia.
Oggi il nome Mongibello indica la parte sommitale dell'Etna; l'area dei due crateri centrali, nonché i crateri sud-est e nord-est.
Le eruzioni regolari della montagna, a volte drammatiche, l'hanno resa un soggetto di grande interesse per la mitologia classica e le credenze popolari che hanno cercato di spiegare il comportamento del vulcano tramite i vari dei e giganti delle leggende romane e greche.

A proposito del dio Eolo, il re dei venti, si diceva che avesse imprigionato i venti sotto le caverne dell'Etna. Secondo il poeta Eschilo, il gigante Tifone fu confinato nell'Etna e fu motivo di eruzioni. Un altro gigante, Encelado, si ribellò contro gli dei, venne ucciso e fu bruciato nell'Etna. Su Efesto o Vulcano, dio del fuoco e della metallurgia e fabbro degli dei, venne detto di aver avuto la sua fucina sotto l'Etna e di aver domato il demone del fuoco Adranos e di averlo guidato fuori dalla montagna, mentre i Ciclopi vi tenevano un'officina di forgiatura nella quale producevano le saette usate come armi da Zeus. Si supponeva che il "mondo dei morti" greco, il Tartaro, fosse situato sotto l'Etna.
Su Empedocle, un importante filosofo presocratico e uomo politico greco del V secolo a.C., venne detto che si buttò nel cratere del vulcano, anche se in realtà sembra che sia morto in Grecia. Si dice che quando l'Etna eruttò nel 252, un anno dopo il martirio di Santa Agata, il popolo di Catania prese il velo della Santa, rimasto intatto dalle fiamme del suo martirio, e ne invocò il nome. Si dice che a seguito di ciò l'eruzione finì, mentre il velo divenne rosso sangue, e che per questo motivo i devoti invocano il suo nome contro il fuoco e fulmini.
Re Artù risiederebbe, secondo la leggenda, in un castello sull'Etna, il cui celato ingresso sarebbe una delle tante e misteriose grotte che la costellano. Il mitico re dei Sassoni appare anche in una leggenda, quella del cavallo del vescovo, narrata da Gervasio di Tilbury. Secondo una leggenda inglese l'anima della regina Elisabetta I d'Inghilterra ora risiede nell'Etna, a causa di un patto che lei fece col diavolo in cambio del suo aiuto per governare il regno.


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