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MESSINA E L'AFFACCIO A MARE NEGATO. L'OPINIONE DI VINCENZO BONAVENTURA

"IL TEATRO IN FIERA NON SAREBBE UN DOPPIONE DI NULLA. (A MESSINA HANNO SCOPERTO L'ESISTENZA DELLO STRETTO)" Inizia così il pos...


"IL TEATRO IN FIERA NON SAREBBE UN DOPPIONE DI NULLA. (A MESSINA HANNO SCOPERTO L'ESISTENZA DELLO STRETTO)"


Inizia così il post pubblicato su Facebook del giornalista e scrittore Vincenzo Bonaventura che è stato Responsabile della Comunicazione presso il Teatro Vittorio Emanuele di Messina. Nella sua disamina si pone degli interrogativi e ci offre spunti di riflessione. Leggiamola insieme.


"Nel surreale dibattito (che si potrebbe definire a “esequie avvenute”) per fermare la ricostruzione del padiglione in cui a suo tempo fu ospitato il Teatro Comunale in Fiera, dovuto all’imprevedibile scoperta dell’esistenza del mare a Messina, c’è un argomento che, lo confesso, mi irrita per il suo candore dell’inconoscenza. Si dice e si ripete: non è necessario ricostruire un teatro perché adesso il teatro c’è, riferendosi al Vittorio Emanuele. Ovviamente è un argomento di chi a teatro non va oppure lo fa in modo inconsapevole, cioè non si rende conto della differenza fra un teatro di mille posti e un altro di 400 posti, e di quanto l’uno e l’altro rispondano a diverse esigenze e siano utili per ospitare spettacoli diversi che hanno  necessità di spazi e costi di gestione diversi. Non bisogna dimenticare che nei suoi ultimi anni di vita il palcoscenico in Fiera era gestito dall’Ente Teatro con il suo personale (quindi niente spese in più) e che ciò consentiva una programmazione più varia e più interessante. Rimanendo alla prosa, molte delle produzioni, anche importanti, sono adatte a un palcoscenico più piccolo di quello enorme del Vittorio Emanuele (a proposito, quando si trova un’intitolazione più consona ai tempi?) e anche a una platea più ridotta ma non troppo, com’è invece quella della Sala Laudamo con solo un centinaio di posti, anche questa necessaria per ulteriori tipologie di spettacoli.


In realtà nella ricostruzione (sulle cui qualità non mi pronuncio perché non ho la competenza di un architetto) non mi pare che sia previsto un teatro ma solo una sala conferenza che, questa sì, costituirebbe un doppione di quella del Palacultura. Comunque, ritengo che anche di questo tipo di spazi in una città ci sia sempre bisogno. Quindi, soprattutto, una battaglia seria dovrebbe essere quella di far sì che all’interno, fra uffici e salette, ci sia un vero teatro. Perché, a quel che capisco, non è così. Vero anche, come qualcuno ha giustamente notato, che si dovrebbe capire a chi sarebbe affidata la gestione di un teatro, dato che non è certo fra i compiti dell’Autorità Portuale. Qui la questione è molto più complessa perché il problema vero, come ha notato il sociologo Pier Paolo Zampieri, è il recinto, fisico e mentale, dell’Ex Fiera e la presenza condizionante dell’Autorità nel tessuto urbano. La mia domanda è: quali interessi rappresenta l’Autorità Portuale?


Domanda legittima se si pensa alle tante cose assurde che accadono sullo Stretto. Solo a Messina, città marittima per eccellenza, possono accadere contemporaneamente le seguenti cose: imbarcadero privato delle navi traghetto che blocca uno dei punti più belli del lungomare; un'altra porzione bloccata da un circolo privato; anacronistico recinto fieristico che salvaguarda una fiera che non c'è più; porto bloccato da un'inelegante inferriata; braccio della falce (uno de punti più belli del mondo) totalmente negato alla fruizione; la nuova “via del mare” in molti punti senza il relativo affaccio; l’irraggiungibile spiaggia dal torrente Zaera a Tremestieri, con costruzioni fatiscenti; la scandalosa via Senatore Arena che a Torre Faro porta dall’Horcynus Orca al lago piccolo (un luogo e una spiaggia magnifici), dove l’affaccio a mare è completamente chiuso, senza che nessuno dei recenti scopritori dello Stretto abbia mai protestato. Non mi meraviglierei neppure che tra i fautori della non ricostruzione del padiglione dell’ex Fiera ci sia qualche proprietario delle ville che in quella strada riservano il panorama solo per sé.


Tornando alla “cittadella fieristica”, per dare un senso visivo alla proposta della non ricostruzione dell'ex teatro sarebbe necessario abbattere anche gli altri padiglioni che ingombrano il viale della Libertà e basterebbe questo a dimostrare che l’idea non sta in piedi. Ma, visto che anche il presidente dell'Autorità Portuale ha scoperto in questa occasione l'affaccio a mare e sembra esserne rimasto impressionato, si può ragionare in altri termini. Dall'ingresso della Fiera all'attuale porto dei traghetti, il viale della Libertà potrebbe rimanere la via di scorrimento che è, tram compreso. In questo tratto la passeggiata a mare pedonale potrebbe proseguire nei viali dell'ex Fiera con l'abbattimento (idea di Mega) dell'ex Irrera (o anche no, poco cambierebbe). Successivamente, eliminati finalmente gli attracchi per i traghetti, si ricollegherebbe con l'attuale lungomare Belfiore e proseguirebbe verso la foce dell'Annunziata e quindi continuerebbe in modo naturale con la riviera nord. In questo caso bisognerebbe capire che cosa accadrebbe del Circolo Tennis e Vela e di altre costruzioni minori. I privati non possono essere più importanti dell'interesse pubblico (chi decide davvero a Messina?). Visto il degrado "esemplare" del lungomare Belfiore, sarebbe necessario prevedere uno scatto in avanti di civiltà civica. Per il momento non ne vedo i presupposti".


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