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TRA DOSTOEVSKIJ E CHECOV "LE CINQUE LUNE DI MYSKIN" DI NICOLA BOZZO


Domani, mercoledì 28 novembre, alle ore 17,00 nel Salone degli Specchi del Palazzo dei Leoni ex Provincia di Messina, si terrà la presentazione del libro "Le cinque lune di Myskin" di Nicola Bozzo (Pungitopo Editrice - Foto di copertina di Gerri Gambino). Conversa con l'autore il giornalista Marco Olivieri. 

“C’è un tempo che non fa rumore perché non ha voce, ma esiste anche senza la sua lingua”.
Inevitabilmente il titolo del libro d'esordio dell'avvocato Nicola Bozzo ci riporta al personaggio del Principe Myskin ovvero l'Idiota di Dostoevskij che narra la storia di un uomo talmente buono da rasentare la fessaggine, un idiota per l'appunto. Ma che in realtà rappresenta un uomo dall'indiscussa integrità morale affetto però da disturbi mentali che, alla fine, lo condurranno alla pazzia. 

Quanto ci sia di Myskin ne "Le cinque lune" di Nicola Bozzo non ci è dato saperlo perchè l'autore è abbastanza schivo sia nella sua vita pubblica e ancor di più in quella privata. Egli stesso scrive: "La mia attività e la mia vita professionale non hanno nessuna relazione con questo libro. Per quanto riguarda un'altra mia particolare forma di esistenza, essa non ha altre parole se non quelle di questo libro". Tuttavia possiamo affermare che Myskin e Bozzo hanno in comune sicuramente una grande intelligenza che appartiene alla persone empatiche che soffrono della meschinità umana. 

Nel prologo del libro "Le cinque lune di Myskin" leggiamo una frase tratta da un libro di Checov, scrittore russo come Dostoevskij, pronunciata dal medico a un suo paziente del "Reparto numero 6" “Il suo discorso è disordinato, febbrile come un delirio, impetuoso e non sempre intellegibile, ma in cambio vi si sente, e nelle parole e nella voce, un che di straordinariamente buono”. Un uomo buono così come viene definito l'Idiota Myskin. 

Nella Prima Luna troviamo il pessimismo leopardiano con il Canto "Alla Luna" del grande poeta "O graziosa luna, io mi rammento che, or volge l'anno, sovra questo colle Io venia pien d'angoscia a rimirarti". Introspezione psicologica nella Seconda Luna con "Sei personaggi in cerca d'autore" del drammaturgo Pirandello "Ogni fantasma, ogni creatura d’arte, per essere, deve avere il suo dramma, cioè un dramma di cui esso sia personaggio e per cui è personaggio. Il dramma è la ragion d’essere del personaggio; è la sua funzione vitale: necessaria per esistere"

La Terza Luna diventa quasi nera con il poeta ed esoterista Pessoa "La letteratura, come tutta l’arte, è confessione dell’insufficienza della vita. Tagliare l’opera letteraria sulle forme stesse di ciò che è insufficiente significa non essere capaci di sostituire la vita". "Dovremmo tutti lasciare il morto per seguire il vivo, abbandonare Cervantes e accompagnare Don Chisciotte" è la frase della Quarta Luna a cui segue la Quinta Luna "Quiqueg era nativo di Rokovoko, un’isola lontanissima all’Ovest e al Sud. Non è segnata in nessuna carta: i luoghi veri non lo sono mai".

Infine, l'Epilogo è dello scrittore Bernanos "Quanto a me, gli uomini non mi hanno deluso, né io, a mia volta, ho deluso me stesso. Ero preparato al peggio, ecco tutto. Quel che vedo innanzi tutto nell’uomo è la sua infelicità. L’infelicità umana è la meraviglia dell’universo".

Copertina 

In un angolo tra il bar e la stazione che sembra quasi Lisbona, si muovono i primi personaggi di questo romanzo: l’uomo che aveva permesso a qualcuno che il passato non diventasse un destino; il ragazzo magro che aveva capito così tanto la vita da non essere creduto; la ragazza che non poteva morire perché innamorata; l’uomo del manoscritto. Nella metafora di un mare che si ritrae, attorno a loro altri personaggi si sfiorano, si incrociano, si perdono per incontrarsi ancora, si confondono in un’atmosfera rarefatta in cui le vite di ognuno – vissute, immaginate, sognate – si mescolano, fino quasi a fondersi o a scomparire dopo essere state viste o sognate. Dopo avere avuto o non avere avuto ragione. Dopo avere lasciato, forse, memoria di sé.

"Il giorno ‒ così colmo di chiarore ‒ è il tempo meno adatto per essere visti. La luce troppo intensa alla fine acceca. Si possono scorgere solo tantissime ed uniformi lineature ossessivamente uguali. Invece proprio nella notte fatta di una luce umbratile e quasi sospirata, grazie agli ambrati riflessi della luna, il passaggio di un uomo non può non risultare come presente ad ognuno. Anzi oltre a questa prima visione, proprio quell’essere definiti ma al contempo sguscianti e imprendibili nel gioco di specchi e rimandi che dentro la notte si cela, rende ciascuno enigmatico e quindi gli altri oltre la visione devono esercitare l’interpretazione, quasi a violare le frontiere spesse che sigillano l’intimità di ciascuno e spingersi lentamente nel di dentro, nell’intimo, magari scoprendo lì, a quella profondità, le assonanze e i richiami, gli echi e le giunture, le corrispondenze e le dissonanze con ciò che ciascuno custodisce dentro. E siccome alla fine vivere significa poter essere visto, ecco che sono un randagio della notte, un suo girovago, ma anche un suo supplicante: fedele calpestante della sua terra." da "Le cinque lune di Myskin" di Nicola Bozzo.


Antonella Di Pietro



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