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SHOAH: L'OLOCAUSTO


La prima volta che sentii parlare di Shoah, cioè di quell'immane sterminio dell'etnia ebrea europea, perpetrato dai gruppi dirigenti della Germania nazista, non fu in un'aula scolastica, allora ci si guardava bene dal parlare di certe cose nelle scuole, ma in una piazza, Piazza Gerolamo Palazzotto a Provinciale, Messina e precisamente davanti al bar Cucè che allora si chiamava Bar Millemagi, l'oratore era Alfredo Bisignani, segretario generale della cgil - Camera del Lavoro di Messina credo fosse il 1962, avevo 13 anni quindi.

Erano passati meno di 17 anni dalla fine della guerra e dalla scoperta dei luoghi e dei superstiti di quel gigantesco massacro. Alfredo, parlando ai tranvieri ed ai ferrovieri di problemi sindacali, aprì una lunga ed appassionata parentesi, riferiva di un suo viaggio ad Auschwitz, e della sua visita a quel campo di sterminio, dando ai presenti con le sue parole la precisa immagine di ciò che aveva visto in quel luogo di morte. Riferisco a memoria: "...Montagne di bambole ! Montagne di capelli, montagne di giocattoli...! Montagne di occhiali...!". Queste frasi ben scandite erano la sintesi fotografica di tutto il suo discorso, tale da far stimolare nell'immaginario dell'ascoltatore l'interezza del dramma vissuto dagli internati,dagli abitanti dei ghetti, i viaggi forzosi e coatti verso lo sterminio, e per i più fortunati, verso i lavori forzarti e comunque  verso l'annullamento della persona umana.

Tutto verteva sulla creazione per decreto di un popolo di persone non persone, poste ad un gradino più basso degli stessi schiavi, di cui per una casta che autoproclamava il popolo tedesco, popolo superiore, deteneva il diritto di togliere la vita, la dignità umana ed ogni diritto perfino quello innato alla sopravvivenza, ad altre razze a quella ebrea in particolare, ma anche a quella zingara, ai negri o, perfino, a categorie di persone che corrompevano con la loro presenza la supremazia del popolo tedesco e della razza ariana. I progrom della macchina di sterminio interessarono quindi anche i gay, gli oppositori politici, gli invalidi e gli handicappati, i clochard ecc.. Ho voluto citare Alfredo Bisignani poichè, per lungo tempo, il ricordo e la testimonianza della veridicità di questa tragedia, specie negli anni '50/70, fu quasi esclusivamente portata, oltre che dai gruppi di sopravvissuti allo sterminio, chiaramente dalle comunità ebraiche, ma anche ed in maniera esaustiva dalla generalità delle forze che dato vita alla resistenza antifascista e dal movimento operaio che fu il motore, insieme al movimento studentesco del '68/70, del cambiamento culturale, economico e politico che si affermò in quegli anni.

Infatti, si dovette contrastare un assunto che era presente nella società italiana ed europea, agitato dall'estrema desta eversiva, su cui la destra politica si compiacette per lungo tempo, memore delle leggi razziali, macchia indelebile sulla coscienza di certa destra nostrana. Si disse che l'olocausto non ci fosse stato, che era stata un'invenzione dei vincitori, che le foto, i filmati e tutta la documentazione sarebbe stata praticamente falsa, costruita in stabilimenti cinematografici, americani e sovietici, corredata da documenti falsi provenienti dai servizi segreti delle potenze vincitrici e degli ebrei, che intanto avevano costituito, con l'aiuto di queste potenze lo Stato d'Israele in Terra Santa. Il negazionismo, quindi, fu presente nella società italiana, esso si accompagnò con il perdurare, a volte violento, di atti di razzismo, di rigurgiti di ideologie neonaziste, sulla razza pura e quant'altro servisse a contrastare l'affermarsi di una coscienza democratica nel nostro Paese e nella società italiana.

Sull'altro versante, specie nei gruppi religiosi ebraici, o anche per altri versi, all'interno del mondo cattolico, vi furono e continuano ad esserci, interpretazioni  fatalistiche dei fatti accaduti, provenienti e collegati nell'uno e nell'altro ambito culturale e religioso, alla vicenda biblica del "popolo eletto" ed alle prove che esso deve superare nella storia per affermare la sua vicinanza a Dio, o in ambito del cattolicesimo conservatore e tradizionalista sulla ineluttabilità dell'espiazione del popolo ebraico e della sua religione all'aver provocato e poi assistito impassibilmente al martirio ed alla crocefissione di Gesù Cristo, disconoscendone comunque la natura divina. Vi è poi stata una interpretazione moralistica dell'olocausto, come frutto della distorsione della morale umana, della perdita da parte dell'uomo del concetto di "pietas" sull'imbarbarimento del pensiero umano, fatti questi che, se enunciati in maniera generica, producono assenza di giudizio e carenza di cultura democratica, sono infatti i precursori di un giustificazionismo di una tragedia e di un delitto immane che ha precise matrici, di un disegno criminale maturato nell'ambito di una ideologia ben individuata che fu quella nazista, delirante fin quanto si vuole, ma capace di costruire uno Stato, con tanto di strutture, di un Partito fatto di uomini e di donne che avevano nomi, cognomi, genitori, figli, una vita privata, erano dirigenti o semplici cittadini, ma costruirono insieme, per paura o per quieto vivere, per convinzione o per appiattimento al potere, insieme alla casta dominante dei gerarchi, una macchina statuale, economica e militare, col fine dichiarato di dominare il mondo.

La tecnica di governo dello sterminio dei nemici interni, che si chiamassero Ebrei, o anche zingari o gay, comunisti o democratici, liberali o socialisti, addirittura cattolici antifascisti, fu scientifica e gestita con efficienza da manager ante litteram, tutte le conoscenze scientifiche più avanzate del tempo furono impiegate con dovizia di mezzi per questa programmazione. Si partì dal calcolare addirittura, prima del completamento dei campi di concentramento, ilcosto delle pallottole occorrenti per le fucilazioni di massa, e si decise che erano meglio dal punto di vista economico e per rispettare una certa riservatezza dell'operazione, le camere a gas e i forni per le cremazioni, invece delle fosse comuni o dell'incendio con la benzina dei corpi dei fucilati. E' chiaro però, per chi abbia un minimo di dimestichezza con la cultura europea e germanica in particolare, rilevare che un popolo come quello tedesco, che nel '700 e '800 scrisse pagine eccelse di cultura e di arte, che un siffatto meccanismo infernale non potesse escludere l'elemento "dolore e sofferenza" da parte dei destinatari e delle vittime di tanta barbarie, ma tutti erano impegnati nell'esecuzione di un vero e proprio programma industriale che prevedeva delle tappe, delle procedure, dei numeri, dei risultati, non vi era più posto per sentimentalismi, per romanticismi, peggio ancora per crisi di coscienza.

Anche l'intellettualità, gli artisti, i cineasti, non tutti però, contribuirono a magnificare quell'ideologia e quel sistema, i cui beneficiari furono i grandi industriali tedeschi, le banche ed i signori delle tangenti del Partito Nazista e del Governo di Hitler. Non fatalismo dunque, nè espiazione di colpe evangeliche, ma atti di guerra, anche contro quei bambini, marchiati sul braccio in una famosa foto, che ai liberatori mostrano il numero d'identificazione inciso con un tatuaggio; di quei bambini molti sapevano e nessuno parlò mai , anche quando i medici si accanivano a torturali con i loro vili e disumani esperimenti in vivo, nessuna soldatessa madre o soldato padre, pianse per loro, qualcuno che s'intenerì si suicidò o fu fucilato.



Antonio Cattino



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