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STO PER TORNARE A CASA, IL NUOVO LIBRO DI VINCENZA FAVA



Sto per tornare a casa è un romanzo psicologico al femminile, intriso di memorie attraverso le quali i personaggi si confrontano continuamente coi propri demoni e con la morte, in una struttura a matrioska in cui ogni finale possibile conduce a un nostalgico e commovente ritorno.

Vincenza Fava, artista a 360° con tanti interessi che vanno dalla poesia al teatro, con la sua ultima fatica letteraria "Sto per tornare a casa", pubblicata dalla Casa Editrice Scatole Parlanti,  traccia dei ritratti di donne nelle quali ognuna di noi si può identificare e riconoscere i propri demoni interiori attraverso una introspezione psicologica che inevitabilmente conduce a una personale riflessione necessaria per ritornare "a casa", ovvero il quell'Io più intimo che ci appartiene.

Lara è una donna che sta per compiere 40 anni, un traguardo meraviglioso che lascia sospesa tra la giovinezza e la maturità, ma che non riesce a domare l'insoddisfazione per una vita che avrebbe voluto diversa e che non riesce a cambiare per sensi di colpa derivanti da un passato doloroso. La passione per la letteratura riuscirà a lenire le sue ferite?

Silvana ha 65 anni, un'età un cui una donna è già pienamente realizzata ma non lei che vive sola dopo un divorzio e una figlia lontana. E forse è proprio la solitudine interiore che la spinge ad avere una storia con un uomo che, con i suoi atteggiamenti, la porta alla follia. Un amore malato che le arreca uno squilibrio mentale tale che il desiderio di vendetta diventa la sua ossessione. Riuscirà a "tornare a casa"?

E poi c'è Anna, 17 anni, l'età della ribellione che rivolge nei confronti della mamma con cui ha un rapporto conflittuale perché la ritiene, a torto, l'origine di tutti i suoi problemi esistenziali avendo fatto una scelta coraggiosa che è quella di averla cresciuta da sola essendo una ragazza madre. Ma Anna ha tanta rabbia dentro di sé e reputa colpevole la mamma dei suoi disturbi del comportamento che la porteranno forse a un gesto eclatante.

Ti ho sempre pedinato, ti spiavo, ti osservavo mentre cucinavi, facevi le pulizie, ti vestivi, ti truccavi, ti preparavi per una serata di divertimento con la tua dolce metà mentre io e Federico restavamo a casa con la tata di turno, ti fissavo per interi minuti quando piangevi perché io non ero esattamente la figlia che avevi desiderato. Una nota dolente nel tuo castello di felicità, la sorgente del dolore e della preoccupazione, un fastidio subdolo, come una sofferenza sotterranea che a tratti erutta alla pari di un vulcano. Per questo cominciai ad assaporare il gusto malsano del potere. Infliggere un dolore era l’unico modo che conoscevo per destare un sentimento, vista la mia nullità, la mia scioccante imperfezione, la colpa di essere ciò che sono.


Antonella Di Pietro

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