La Consulta Regionale degli Ordini degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Sicilia, presso l'Ordine degli Architetti PPC di Messina, invia una nota critica in relazione alla nuova legge regionale sui centri storici dell'Isola.
Sul supplemento ordinario n. 1 alla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 29 del 17/07/2015 è stata pubblicata la legge n. 13 del 10.07.2015 recante "Norme per favorire il recupero del patrimonio edilizio di base dei centri storici". La Consulta degli Ordini PPC di Sicilia, già in sede di prima stesura del D.L., aveva espresso forti critiche sui principi ispiratori che informavano la proposta ed in più occasioni ha indicato la necessità di rivedere e riconsiderare tali principi. Il comunicato che pubblichiamo di seguito, a firma del Presidente della Consulta Regionale, arch. Giovanni Lazzari e del Coordinatore del Dipartimento Governo del Territorio, arch. Franco Miceli, è naturalmente critico nei confronti della suddetta approvata legge.
"La nuova legge sui centri storici, approvata recentemente dall’ARS, è un ulteriore esempio dell’arretratezza culturale che caratterizza l’attività legislativa del nostro Parlamento. Si caratterizza per essere il tentativo di dare soluzione a specifici problemi entro un profilo molto riduttivo, non tenendo in alcun conto che la problematica dei centri storici è ormai ricompresa all’interno di un più vasto tema che ha al suo centro la rigenerazione urbana ed il riuso. La città contemporanea non è più riconducibile al vecchio rapporto tra città antica (nucleo storico) e la città moderna (post ottocentesca), ma è un insieme di tessuti urbani che comprendono realtà storico – ambientali diverse, di grande interesse e valore per la storia ed il futuro della città, per cui è necessario dotarsi di politiche mirate ed utili a sviluppare processi intelligenti di rigenerazione urbana.
Ridurre la problematica dei centri storici entro il vecchio, ed ormai desueto, rapporto tra centro storico e resto della città, vuol dire essenzialmente non avere compreso che occorre una nuova visione ed una nuova strategia in grado di affrontare la questione urbana in tutte le sue declinazioni di riuso sostenibile. Ci saremmo aspettati una soluzione legislativa che prendesse l’avvio dalla consapevolezza che la rigenerazione urbana è il tema dell’oggi e che sarà a lungo il tema principale delle politiche urbane nel nostro Paese. Questa consapevolezza purtroppo non la riscontriamo nel governo delle istituzioni e purtroppo neanche nella produzione legislativa, ma registriamo, al contrario, l’inadeguatezza di proposte e di strategie, anni luce lontano da una vera politica di rinnovamento della città.
Ricondurre tutto, così come fa la nuova legge, ad interventi sommari di presunta “liberalizzazione”, è un modo inaccettabile che mortifica la nuova visione che scaturisce dal sapere professionale e scientifico prodotto soprattutto negli ultimi anni. Ancora una volta la politica dimostra la sua arretratezza mortificando il valore del sapere collettivo. Avevamo, infatti, già in sede di prima stesura del D.L., espresso forti critiche, insieme a molte associazioni culturali ed ambientaliste, sui principi ispiratori che informavano la proposta ed in più occasioni abbiamo indicato la necessità di rivedere e riconsiderare tali principi in quanto esclusivamente indirizzati a trovare soluzioni pasticciate a problemi che avrebbero richiesto una maggiore e più adeguata attenzione. La non condivisione dei principi ci portava ad assumere la decisione di non presentare alcun emendamento al testo del DL. Non si può emendare un testo di cui non si condividono i principi ispiratori. Vi era e vi è, anche nel testo approvato, una distanza incolmabile tra la visione proposta ed i nostri convincimenti.
Il Parlamento siciliano ha ritenuto di proseguire l’iter approvativo non tenendo in considerazione i contributi che diversi soggetti potevano dare per formulare una proposta più attuale e coerente con i temi prevalenti del riuso e della rigenerazione urbana. Nel merito: la legge introduce concetti abborracciati sulla classificazione delle unità immobiliari, superando di colpo teorie ed impostazioni provenienti da decenni di studi ed approfondimenti nella materia. Vi è il concreto rischio di una confusione interpretativa della classificazione tipologica degli edifici. Ci riferiamo, in particolare, alla complessità del patrimonio edilizio storico ed alle peculiarità presenti in ciascuno centro storico, non riconducibili a categorie generali per di più introdotte sbrigativamente con una discutibile norma.
Lo stesso dicasi per l’idea balzana di ammettere la ristrutturazione urbanistica tra le categorie di intervento, disconoscendo che tra i valori da tutelare e salvaguardare vi è anche quello dei tessuti urbani storici e della forma della città, valore quest’ultimo da tutelare alla stessa stregua dei manufatti storico – architettonici di pregio. In altre parole gli effetti della nuova legge rischiano di annullare il concetto di “valore culturale” degli ambiti di interesse storico artistico. Potrebbero essere cancellate le tracce, in molti casi, elementi identitari della struttura urbana storica a tutto vantaggio di interessi speculativi non coerenti con l’interesse generale di salvaguardare e valorizzare ogni tessuto storico come parte di un organismo unitario formato da processi di sedimentazione storica e culturale. Soluzione grossolane, quindi, volte a raccattare fragili consensi, che annullano con un colpo di spugna principi fondamentali.
Viene cancellato il contenuto dell’art. 55 della L.R. 71/78 che assegnava un valore preminente alla tipologia edilizia ed ai tessuti urbani storici quali elementi prioritari di riconoscibilità storica. Ma ancora più grave è che i contenuti della legge contrastano apertamente con i principi di tutela, conservazione e valorizzazione dei beni culturali, principi di rilevanza costituzionale e chiaramente ripresi nel Codice dei Beni Culturali (DLgs. 42/2004). Circa il tema relativo ai piani particolareggiati obbligatori per i centri storici previsti dalla normativa, e che la nuova legge supera indicando un procedimento non convincente, va ricordato che con circolare n. 3/2000, l’ARTA aveva superato l’obbligatorietà del PPE attraverso vie alternative, quale quella della Variante Generale dei centri storici, incentrata su uno studio di approfondimento delle peculiarità e delle specificità di ciascun caso. La suddetta circolare innovava nei contenuti metodologici secondo una impostazione avente come matrice culturale l’analisi e l’interpretazione delle regole costitutive della città storica, facendo esplicito riferimento al concetto di “tipologia del patrimonio edilizio storico, alle forme di aggregazione di tale patrimonio (morfologia) e alla tipologia degli spazi inedificati (percorsi pubblici primari e secondari, piazze, slarghi, etc). Probabilmente dal solco di quella circolare, che contiene concetti innovativi, bisognava ripartire per individuare nuovi strumenti di intervento qualitativo.
Nel confermare il nostro pieno dissenso sulla nuova legge e quindi la preoccupazione per i risvolti che a cascata ne possono conseguire, ribadiamo l’impegno a sviluppare specifiche iniziative sul tema dei centri storici, in quanto parte della più generale strategia di riuso e rigenerazione urbana; questo impegno e le scelte conseguenti le abbiamo ormai da tempo poste al centro dell’iniziativa culturale e professionale degli architetti siciliani. Auspichiamo che i propositi già enunciati dall’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, magari da estendere all’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente, finalizzati alla redazione di linee guida e/o di un regolamento attuativo della legge, utili ed indispensabili per governare processi altrimenti incontrollabili, possano realmente concretizzarsi in tempi brevi e, rispetto a tale eventualità, sin da subito forniamo la nostra piena disponibilità alla partecipazione finalizzata a dare i contributi di nostra competenza".