
IL PONTE DI ARCHIMEDE SULLO STRETTO DI MESSINA
Il Ponte di Archimede è un tipo di ponte sommerso, chiamato anche “submerged floating tunnel. È una possibile soluzione progettuale di attraversamento dello Stretto di Messina. Si sfrutta la spinta di Archimede per "alleggerire" il peso della struttura.
Ancora non si può parlare ufficialmente di inizio dei lavori, ma le curiosità dilagano e con queste si torna a parlare di progetti alternativi. Sicuramente quello che desta maggiore curiosità rimane il cosiddetto Ponte di Archimede, un tunnel galleggiante che collegherebbe la Sicilia alla Penisola, in maniera invisibile e funzionale: ma sarebbe davvero un'opera ingegneristica possibile?
La storia del Ponte di Archimede
L'idea del Ponte di Archimede nasce nei primi anni del Novecento, sebbene veri e propri progetti non prendano vita fino a circa 30 anni dopo. La prima vera soluzione progettuale proposta per l'attraversamento dello Stretto di Messina risale al 1969, ad opera di Alan Grant. La stessa soluzione sarà ribattezzata come Ponte di Archimede nel 1984, per essere poi oggetto di più specifiche e dettagliate analisi tecniche negli anni a venire. Di fatto, la soluzione che ha preso vita nella seconda metà del ‘900 è arrivata poi sostanzialmente fino ai giorni nostri, senza cambiare l'idea di base.
Ma cos'è effettivamente un Ponte di Archimede?
Volendo semplificare all'osso la parte tecnica, possiamo immaginare questa struttura come una galleria immersa galleggiante nell'acqua a 20-30 metri di profondità e ancorato al suolo tramite zavorre collegate da tiranti, che sfrutta appunto la spinta di Archimede per alleggerirsi del proprio peso e consentire agevolmente il superamento di importanti luci. Se nel caso del ponte sospeso dobbiamo riportare tutto il peso alle enormi torri laterali, nel caso del Ponte di Archimede è come se avessimo un supporto distribuito lungo tutto il ponte, e questo supporto ce lo dà proprio l'acqua.
L'equilibrio del tunnel in sospensione è dato quindi dal confronto relativo tra due forze:
1. il peso della struttura in sé e di ciò che sta dentro (per esempio, i veicoli che transitano);
2. la spinta idrostatica che l'acqua esercita sulla superficie esterna del tunnel, che è proporzionale al volume occupato dalla struttura.
Quindi, affinché il tunnel resti perennemente sospeso in acqua, queste due forze devono essere equivalenti. Il punto è che alcuni fattori, come le correnti marine, inducono ulteriori forze dinamiche che tendono a far variare nel tempo la spinta idrostatica. Per mantenere la struttura in posizione, quindi, è necessario ancorarla al fondale tramite degli elementi in tiro, collegati a loro volta su grosse fondazioni che fungono da zavorre. Questo collegamento consente anche di avere resistenza nei confronti del trascinamento, indotto per esempio dalle correnti marine.
Fonti:
1. Faggiano B. et al - The SFT: An Innovative Solution for Waterway Strait Crossings
2. Martire et al. - Seismic analysis of a SFT solution for the Messina Strait crossing
3. Martire et al. - A study on the response of Submerged Floating Tunnels to seismic excitation
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