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LO SPETTRO DELLA RECESSIONE IN ITALIA


In economia la recessione è una condizione macroeconomica caratterizzata da livelli di attività produttiva più bassi di quelli che si potrebbero ottenere usando completamente ed in maniera efficiente tutti i fattori produttivi a disposizione in contrasto al concetto di crescita economica. Si ha recessione economica se la variazione del PIL (Prodotto Interno Lordo) rispetto all'anno precedente è negativa; se tale variazione è inferiore all'1% si parla di crisi economica. Quindi, se il PIL dell'anno precedente è uguale a 100 e quello dell'anno successivo è 99, si ha la recessione.
Sintomi delle fasi di recessione possono essere la diminuzione del tasso di crescita della produzione, l'aumento della disoccupazione, la diminuzione del tasso di interesse in seguito alla riduzione della domanda di credito da parte delle imprese, il rallentamento del tasso di inflazione causato dalla diminuzione della domanda di beni e servizi da parte dei consumatori. In alcuni casi, la recessione può essere associata con l'aumento dei prezzi (inflazione) e tale fenomeno è anche conosciuto come stagflazione.
In caso di recessione un aumento dei tassi di interesse produce un ulteriore diminuzione della produzione, con conseguente aumento della disoccupazione e dei prezzi al consumo, diminuzione del credito al consumo e il tutto si traduce con diminuzione della domanda di beni e servizi da parte dei consumatori spingendo la recessione verso una vera e propria depressione.
L’Europa presenta un elevato rischio di recessione, per effetto della crisi del debito sovrano.
Nel 2012 l'Ocse, nel suo Economic Outlook, rivelava che l'economia italiana sarebbe entrata in recessione e chiedeva al nuovo governo Monti  di 'applicare pienamente' le misure di emergenza varate dal precedente esecutivo per portare il bilancio in pareggio nel 2013, oltre ad avviare subito, in contemporanea, 'importanti riforme strutturali per favorire la crescita', a partire dagli impegni presi dal governo Berlusconi nella sua lettera d'intenti a Bruxelles, dalle liberalizzazioni e da una maggiore flessibilità del mercato del lavoro.
La strada da seguire era quella di un 'restringimento della spesa, piuttosto che aumentare le tasse'. Nuove amnistie fiscali sarebbero state controproducenti.
Preoccupanti anche i dati sulla disoccupazione che è in aumento e,  proprio per quanto riguarda il mercato del lavoro occorreva 'aumentare la flessibilità e ridurre la frammentazione del mercato'.
Malgrado le rassicurazioni di Monti che dichiara "usciremo dalla recessione a metà 2013", gli italiani non sono per nulla confortati dai dati negativi di una ipotetica ripresa economica.
La Commissione Europea ha rivisto in negativo le previsioni economiche per il 2013, prevedendo una recessione nella zona euro e confermando che non ci sarà la ripresa annunciata nell'anno precedente,  il Pil nel 2013 non andrà oltre lo -0,3%, e la ripresa ci sarà solo a fine anno, riportando ad una crescita positiva nel 2014 con +1,4%.
Il commissario agli affari economici Olli Rehn ha commentato: "L'Italia ha portato il suo deficit sotto il 3% per quest'anno e l'anno prossimo, è in linea con la correzione, ma bisogna aspettare le previsioni di primavera e che Eurostat confermi i dati del 2012 per valutare la chiusura della procedure per deficit eccessivo. Una nuova manovra? Non serve, ma è essenziale mantenere la piena applicazione della strategia di consolidamento già adottata che le consente di raggiungere il pareggio quest'anno". E aggiunge: "Abbiamo ricevuto dati deludenti dalla fine dell’anno scorso, ma abbiamo ricevuto qualche dato più incoraggiante proprio negli ultimi giorni che lascia sperare per la ripresa della fiducia degli investitori in futuro".

Autorevoli analisti ed economisti stranieri hanno tracciato una linea di quello che potrebbe essere il prossimo scenario di una Italia post-voto.


Il Premio Nobel per l'economia Paul Krugman afferma che: "Gli osservatori esterni sono terrorizzati dalle elezioni italiane, e giustamente: anche se l'incubo di Berlusconi che torna al potere non si materializzasse, un risultato che mostrasse un forte appoggio a Berlusconi o a Grillo, o a entrambi, destabilizzerebbe non solo l'Italia, ma anche l'Europa nel suo complesso. Ma ricordate, l'Italia non è la sola. Politici dalla reputazione dubbia sono sempre più presenti in tutto il Sud Europa. E la ragione per cui ciò sta accadendo è che gli europei rispettabili non ammetteranno che le politiche che hanno imposto sui paesi debitori sono un fallimento disastroso. Se tale situazione non cambierà, le elezion italiane saranno solo un assaggio di un imminente processo di radicalizzazione".

Per l'analista Moritz Kraemer: "Esiste il rischio che dopo le elezioni del 24 e 25 febbraio ci possa essere una perdita di slancio sulle importanti riforme strutturali per migliorare le prospettive di crescita italiana. La storia italiana parla di governi di coalizione deboli e frammentati che spiegano il suo elevato debito pubblico. Secondo Kraemer, tutto dipende dalla "forza del mandato nei due rami del Parlamento".

Anche l'Economist e il Financial Times parlano di rischio di instabilità, prevedendo nuove elezioni o un Senato a maggioranza risicata. Secondo il Wall Street Journal l'Italia rischia il caos, mentre Bloomberg teme un governo incapace di mantenere l'austerità delle riforme. Infine, il quotidiano Le Monde scrive: "L’Italia, al momento del voto, non è più sicura di niente".

In sintesi, l'esito di queste elezioni sarà decisivo per l'Italia che potrebbe risorgerere dalle sue ceneri come l'Araba Fenice o, invece, ballare la danza di Zorba.


Antonella Di Pietro©




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