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A 30 ANNI DAL METANOLO CRESCE LA QUALITA' DEL VINO MADE IN ITALY

Dalla scandalo del metanolo ad oggi i consumi di vino degli italiani si sono praticamente dimezzati passando dai 68 litri per persona all'anno del 1986 agli attuali 37 litri che rappresentano il minimo storico dall'Unità d'Italia nel 1861. E' quanto affermano la Coldiretti e la Fondazione Symbola sulla base del Dossier "Accadde domani. A 30 anni dal metanolo il vino e il made in Italy verso la qualità".



Negli ultimi 30 anni la produzione italiana di vino si è ridotta del 38% passando dai 76,8 milioni di ettolitri agli attuali 47,4 milioni di ettolitri che hanno però permesso la conquista del primato mondiale nella produzione davanti ai cugini francesi. Ma il calo della produzione è stato accompagnato da una crescente attenzione alla qualità con il primato dell'Italia in Europa per numero di vini con indicazione geografica (73 Docg, 332 Doc e 118 Igt). Se nell'1986 la quota di vini Doc e Docg era pari al 10% della produzione, oggi è pari al 35%, e se si considerano anche i vini Igt, categoria nata dopo l'86, si arriva al 66%, in altre parole i 2/3 delle bottiglie.

Il risultato è che la quantità di vino Made in Italy consumato all'interno dei confini nazionali è risultata addirittura inferiore a quella nel resto del mondo. In Italia si beve meno, ma si beve meglio con il vino che si è affermato nel tempo come l'espressione di uno stile di vita "lento" attento all'equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi in alternativa agli eccessi. In Italia si stima la presenza di 35mila sommelier, ma un numero crescente di giovani ci tiene ad essere informato sulle caratteristiche dei vini e cresce tra le nuove generazioni la cultura della degustazione consapevole con la proliferazione di wine bar e un vero boom dell'enoturismo, dalle strade alle città del vino,  che è una realtà consistente in Italia dal 1994, quando intorno a "Cantine aperte" nacque un movimento che oggi registra circa 3 milioni di turisti l'anno, per un giro d'affari che si attesta intorno ai 4 miliardi.

Il 73% dei consumatori di vino lo bevono in casa, prevalentemente durante i pasti, apprezzando in otto casi su dieci più il vino rosso rispetto al bianco o alle bollicine che invece sono preferiti da chi lo consuma fuori casa per il 62%, secondo una recente indagine dell'Osservatorio vino dalla quale emerge che cresceranno di oltre l'8% i consumi di vino al ristorante nei prossimi due anni, per lo più al bicchiere, dove avranno la meglio le etichette locali o regionali per il 94,5% dei consumatori. ll vero cambiamento rispetto al passato si registra infatti nelle scelte di consumo con i vini del territorio che fanno registrare i maggiori incrementi della domanda a livello nazionale dove, a fronte di una stagnazione dei consumi, è boom per gli acquisti di vini autoctoni dal Pecorino al Pignoletto, dalla Falanghina al Negroamaro. Nel tempo della globalizzazione gli italiani bevono locale con il vino a "chilometri zero" che è il preferito nelle scelte di acquisto in quasi tutte le realtà regionali.

La domanda sostenuta di vini di produzione locale ha spinto la nascita a livello regionale di numerose realtà per favorirne la conoscenza, la degustazione e l'acquisto. Sono molte le aziende vitivinicole che aprono regolarmente o in speciali occasioni le porte ai visitatori per far conoscere la propria attività con i metodi di produzioni dal vigneto alla cantina. Sono oltre 1000 i produttori di vino certificati che fanno parte della rete di vendita diretta di Campagna Amica attraverso punti vendita e mercati degli agricoltori dove vengono offerti vini locali a chilometri zero.

Si stima che il vino offra durante l'anno opportunità di lavoro ad un milione e duecentocinquantamila italiani tra quanti sono impegnati direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, ma anche in attività connesse, di servizio e nell'indotto che si sono estese negli ambiti piu' diversi: dall'industria vetraria a quella dei tappi, dai trasporti alle assicurazioni, da quella degli accessori, come cavatappi e sciabole, dai vivai agli imballaggi, dalla ricerca e formazione alla divulgazione, dall'enoturismo alla cosmetica e al mercato del benessere, dall'editoria alla pubblicità, dai programmi software fino alle bioenergie ottenute dai residui di potatura e dai sottoprodotti della vinificazione (vinacce e raspi).

Il vino ha fatto segnare nel 2015 il record storico nelle esportazioni che hanno raggiunto il valore di 5,4 miliardi con un aumento del 575% rispetto a 30 anni fa quando erano risultate pari ad appena 800 milioni di euro. Trenta anni fa nel marzo 1986 in seguito alle segnalazioni di alcuni casi di avvelenamento registrati a Milano, è dato l’incarico al sostituto procuratore della Repubblica Alberto Nobili di fare luce su quello che sarebbe stato un clamoroso scandalo del settore alimentare: il vino al metanolo. Vittime, decine di intossicati, inchieste giudiziarie e l'immagine del Made in Italy alimentare drammaticamente compromessa in tutto il mondo, ma anche un nuovo inizio con la rivoluzione che ha portato il vino italiano alla conquista di storici primati a livello nazionale, comunitario ed internazionale.

Il risultato è che oggi nel mondo 1 bottiglia di vino esportata su 5 è fatta in Italia che si classifica come il maggior esportatore mondiale di vino. Il 66% delle bottiglie di vino esportate dall’Italia sono Dog/Doc o Igt.  In termini di fatturato il primo mercato del vino Made in Italy con il valore record delle esportazioni di 1,3 miliardi di euro sono diventati gli Stati Uniti che hanno sorpassato la Germania che rimane sotto il miliardo davanti al Regno Unito con oltre 700 milioni di Euro. Ma negli ultimi anni si sono aperti nuovi mercati prima inesistenti come quello della Cina dove le esportazioni di vino hanno superato gli 80 milioni di euro nel 2015. Nel 2015 rispetto all’anno precedente le vendite hanno avuto un incremento in valore di oltre 13% negli Usa, mentre nel Regno Unito l’export cresce dell’11% e la Germania rimane sostanzialmente stabile. In Oriente le esportazioni sono cresciute sia in Giappone sia in Cina rispettivamente in valore del 2% e del 18%. Negli Stati Uniti - continuano Coldiretti e Symbola - sono particolarmente apprezzati il Chianti, il Brunello di Montalcino, il Pinot Grigio, il Barolo e il Prosecco che piace però molto anche in Germania insieme all’Amarone della Valpolicella ed al Collio.

Lo spumante è stato il prodotto che ha fatto registrare la migliore performance di crescita all’estero con le esportazioni che sfiorano per la prima volta il record storico del miliardo di euro nel 2015. Il risultato è che all’estero si sono stappate più bottiglie di spumante italiano che di champagne francese, con uno storico sorpasso con il 2015 che si chiude con volumi esportati pari ad una volta e mezzo quelli degli spumanti transalpini (+50%). Nella classifica delle bollicine italiane più consumate nel mondo ci sono nell’ordine il Prosecco, l’Asti, il Trento Doc e il Franciacorta che ormai sfidano alla pari il prestigioso Champagne francese. Per quanto riguarda le destinazioni, la classifica è guidata dal Regno Unito con circa 250 milioni di euro e un incremento del 44% nel 2015, ma rilevanti sono anche gli Stati Uniti con circa 200 milioni ed un aumento del 26% a valore.


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