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INCONTRO CON L'I-MAGO NINO PRACANICA

Là dove tutto è possibile, dove il sogno si confonde con la realtà, dove puoi toccare con un dito le nuvole, dove lo scirocco si trasforma in maestrale per poi tornare ponente, dove il dolore si trasfigura in gioia, in una delle innumerevoli stanze del Castello di Milazzo incontriamo il Kuntastorie, come ama definirsi, Nino Pracanica.



Personalità carismatica e avvolgente Pracanica ti seduce trascinandoti in un fiume di parole e ti conduce nel suo mondo incantato dove l'Arte trova la sua esplicazione attraverso la musica, la recitazione e le affascinanti maschere Imago. Le sette note diventano un tutt'uno con il corpo sicchè il Do corrisponde al ventre, la nota Re al cuore e così via sino ad arrivare al Si che si disperde nell'etere per poi tornare al Do in un continuo ciclo vitale che aspira all'elevazione dell'anima. Il marranzano, tipico strumento siciliano, è solo un tramite tra Pracanica e l'infinito cui tende da sempre l'uomo. 

Egli inizia la sua introspezione interiore quando, ad appena dieci anni, viene distaccato dalla casa paterna a causa di gravi motivi di salute della madre, per entrare in un collegio nel quale resterà fino alla maggiore età. E sarà lì che, attraverso un consapevole processo di trasmutazione alchemica, trasformerà il suo dolore esistenziale in gioia. I sentimenti inferiori come la paura e l'ansia lasceranno il posto a quelli superiori come la compassione e il perdono. Ma, soprattutto, scopre il senso del gioco che lo aiuta a nutrire il "fanciullino" assetato d'amore che vi è in ognuno di noi con una visione più leggera, ma non indifferente, della vita. Platone scriveva che "l’uomo è fatto per essere un giocattolo, strumento di Dio, e ciò è veramente la migliore cosa in lui. Egli deve, dunque, seguendo quella natura e giocando i giochi più belli, vivere la sua vita, proprio all’inverso di come fa ora". Per Eraclito invece "Il corso del mondo è un bambino che gioca a dadi, è il regno sovrano di un bambino".

Mentre Friedrich Nietzsche ne "La gaia scienza" scrive "In quanto fenomeno estetico, ci è ancora sopportabile l’esistenza, e mediante l’arte ci è concesso l’occhio e la mano e soprattutto la buona coscienza per poter fare di noi stessi un siffatto fenomeno. Dobbiamo, di tanto in tanto, riposarci dal peso di noi stessi, volgendo lo sguardo là in basso su di noi, ridendo e piangendo su noi stessi da una distanza di artisti: dobbiamo scoprire l’eroe e anche il giullare che si cela nella nostra passione della conoscenza, dobbiamo, qualche volta, rallegrarci della nostra follia per poter stare contenti della nostra saggezza! E, proprio perché in ultima istanza siamo gravi e seri e piuttosto dei pesi che degli uomini, non c’è nulla che ci faccia tanto bene quanto il berretto del monello: ne abbiamo bisogno di fronte a noi stessi, ogni arte tracotante, ondeggiante, danzante, irridente, fanciullesca e beata ci è necessaria per non perdere quella libertà sopra le cose che il nostro ideale esige da noi".

E poichè la capacità di giocare con se stessi senza prendersi troppo sul serio è un segno di grandezza ma, soprattutto, è la connotazione di uno spirito libero ecco che Pracanica trova la sua cifra stilistica. Ed è felice nel donare questa sua gioia, nata da un profondo dolore che lo ha fortificato, a tutti coloro che lo avvicinano e avvertono il suo magnetismo. Perciò egli non si risparmia per i tanti visitatori e ogni volta che si esibisce trasforma il suo testo, aggiungendo o togliendo qualcosa, pur mantendendo lo stesso significato intrinseco. Ammette di non avere quasi nulla di scritto e inventa e si reinventa ad ogni incontro con il pubblico. Molte le scolaresche che vengono a fargli visita e sapere di aver, anche solo per un attimo, trasmesso a quei bambini una intensa emozione vale per lui più di un Premio Nobel.


"Milioni di anni fa i pesci impararono a volare e divennero uccelli, migrarono senza meta e impararono a far l’amore in volo. - racconta Pracanica - Depositarono le prime uova sulla terra ferma dove si svilupparono diverse forme di vita portando, ciascuno, il seme di ciò che era stato. Le prime forme di vita si definivano, si trasformavano, crescevano e percepivano il mondo esteriore protette dalla placenta: la prima Maschera. Infinitamente, inconsapevolmente, ritualmente nasce il pensiero e la conoscenza con le orecchie, con il naso, con la bocca e con le mani. Subito nasce il gioco. Il divertimento inebria l’uomo, lo esalta, lo illude, lo confonde, lo disorienta. Si perde, ha paura, è solo! Inventa li dei, li imita e li racconta. Omero narra di Ulisse, di Polifemo, dei compagni di Ulisse e della loro sorte. Nessuno sopravvive, nessuno compie il viaggio di ritorno, nessuno compie la sua rivoluzione. Tutti si evolvono in infinite 'Immagines'. Quella moltitudine di maschere che riempie il mondo intero".


Questo e molto altro è Nino Pracanica, un poliedrico artista-artigiano, nonchè poeta, attore teatrale e musicista che ci accoglie nella Laboratorio dell'Associazione "Imago Vitae" offrendoci la sua personalissima visione sulla storia tragica della Baronessa di Carini che lascia a più interrogativi e induce alla riflessione. Per millenni è stata condannata e messa al rogo perchè ha avuto l'ardire di innamorarsi del suo amante. La sua triste vicenda, forse uno dei primi femminicidi della storia, è stata narrata in una ballata popolare siciliana che parla di un delitto realmente avvenuto nel '500 nel Comune palermitano. La Baronessa di Carini, ovvero Donna Laura Lanza, appena quattordicenne viene data in sposa ad un uomo con molti più anni del proprio padre Don Cesare Lanza, Barone di Trabia e Conte di Mussomeli. Il suo futuro marito, deciso per volontà paterna sarebbe stato il Barone di Carini, ovvero Don Vincenzo La Grua-Talamanca. Quasi un contratto di compravendita quello che avvenne tra i due nobili a discapito della povera giovane. Ma al cuore, si sa, non si comanda e la donna s'innamora perdutamente di Ludovico Vernagallo. Non si hanno fonti certe del suo tradimento ma il padre Don Cesare Lanza la uccise ufficialmente per motivi d'onore e fece uccidere da un sicario il suo amante Ludovico Vernagallo. 

Secondo la leggenda il fantasma della sfortunata Baronessa Laura aleggia ancora nel Castello di Carini e, ogni anno, nella data in cui venne uccisa che corrisponde al 4 dicembre, in un muro della stanza dove venne uccisa appare l'impronta della sua mano insanguinata nel vano tentativo di rialzarsi. Un personaggio che ha affascinato anche il Kuntastorie del Castello di Milazzo, Nino Pracanica che le dà voce e le restituisce quella purezza macchiata dagli uomini. Per la Baronessa di Carini "Amore non è nè una parola, nè un sentimento, noi abbiamo associato all'amore la parola tradimento, ma lei non ha mai amato e perciò non ha tradito ma è stata tradita perchè è stata venduta dal padre al marito. E sono marci coloro che l'hanno sempre accusata di tradimento".


Un uomo insolito Nino Pracanica, che va controcorrente e ama provocare. L'energia che emana è palpabile ed entrare nelle sue frequenze è una esperienza assolutamente indimenticabile. Egli assolve la Baronessa perchè ha accettato la sua parte femminile, il "femminino sacro" che c'è in ognuno di noi e, proprio per questo, ama le donne e le rispetta in quanto tali. Ne è attorniato avendo una famiglia composta da due figlie e la moglie artista, compagna e complice Gina Previtera. Una donna pragmatica, minuta ma con una grande forza interiore, che tiene "legato" il suo uomo con un filo invisibile, simile a quello di un aquilone, permettendogli di fare i suoi voli pindarici. Una coppia solida, unita dall'amore per l'Arte che si respira nel loro "Bottega" al Monastero delle Benedettine del Castello di Milazzo dove tutto, dalle cornici in cartapesta all'oggettistica, ha una sua precisa collocazione e una sua storia.


E così troviamo da un lato dei magnifici dipinti sacri realizzati con colle naturali e una serie di passaggi di gesso a bagno-maria che comprendono anche l'inserimento di una tela di lino fino al disegno su gesso eseguito su fondo oro zecchino (a guazzo), lucidato a pietra d'agata che s'ispira al canone compositivo greco-bizantino; e dall'altro le maschere Imago definite dall'attore-mimo Michele Monetta "immagini atemporali dove l'Antico e il Contemporaneo combattono, si scontrano, a tratti dialogano per poi ritornare furiosamente ad infiammarsi in un contrasto epico come eroi del mito, come Ettore e Achille, come Perseo e la Medusa o Teseo e il Minotauro" .

Da oltre 40 anni Maestri d'Arte, Gina Previtera e Nino Pracanica sono iscritti nell’Archivio Storico degli Artisti Siciliani presso il Museum di Bagheria e le loro opere sono presenti in collezioni private e presso il Museo Internazionale delle Maschere Amleto e Donato Sartori. Le maschere Imago sono state esposte ieri al Museo d'Arte Contemporanea del Castello di Montesegale (Pavia) nell'ambito della Mostra “Sol Levante e Terra del Sole” organizzata da Michele Cannaò del Museo del Fango di Messina.

Oscar Wilde diceva "Datemi una maschera e vi dirò la verità". Forse è questo il segreto delle Imago di Nino Pracanica che vivono di vita propria e rappresentano le mille sfaccettature di questo grande artista senza età.


 ©Antonella Di Pietro


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2 Commenti
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  1. Bellissima descrizione di un grande personaggio che io definisco Poeta Universale, che respira arte da ogni poro della sua pelle, PERSONA nelle lingue Indoeuropee, come l'Etrusco ed il Siculo derivate dal proto sanscrito, significa MASCHERA, Nino Pracanica crea persone e persona-ggi e li fa interloquire attraverso la sua arte, con la realtà storica e con la leggenda creando e ricreando storie dove queste persone vivono e s'incontrano, un grande artista dunque, che solo ora a 70 anni suonati ha preso il volo, prima timidamente e poi con rinnovata potenza, come un novello Icaro, lanciandosi dalla torre Arabo- Normanna del castello di Milazzo, con le sue ali dispiegate verso il mondo per fare rivivere persone, fatti e leggende della Sicilia chiave nobile del Mediterraneo e della civiltà occidentale.

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  2. Cosa dire ancora del buon, istrione e fantasioso Nino, ammiriamo in silenzio ed ascoltiamo dentro le mura la sua voce e le mille e mille maschere che caratterizzano i momenti diversi di un'esistenza variabile,indefinibile,opinabile...! Saliamo con lui sul classico 'Cavallo di Troia' sicuri ancora di raccontare le epiche geste del re d' Itaca e torneremo sotto gli ulivi, sereni e vittoriosi di una vita sì impetuosa e frastagliata come le coste taglienti e morbose ad immagine della Patria. Saremo sempre in cammino saremo sulle spiagge di Nausica, senza volto e nome... entreremo nella grotta (di Milazzo) ,casa di Polifemo dichiarandoci Nessuno. Chissà se lungo la piana di Girgenti incontreremo lo spirito classico ed eclettico di Luigi Pirandello, egli delle maschere ne fece tanto discutere sulle tavole e fuori le quinte. Noi siamo ovunque oltre il Carnevale di Copacabana che esulta, gioisce a fiesta per pochi giorni dimostrare la bellezza del diverso,del libero,dell'incontrollato corpo ondulato,macchiettato,istriato e gli animali presenti in cartone ed i balli frenetici oltre stagione, grazie infinite Maestro, abbiamo ancora da sognare con te, sicurooo ! Obrigado, Roberto Lo Presti da Messina -

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