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IO SONO CHARLIE MA ANCHE FAVA, ALFANO, IMPASTATO E TUTTI I GIORNALISTI UCCISI

Ricordare la figura di tutti i giornalisti uccisi mi sembra doveroso dopo i fatti che stanno sconvolgendo tutto il mondo e che riguardano l'attentato alla redazione parigina Charlie Hebdo dove i vignettisti sono stati massacrati per aver offeso l'Islam. Al Qaida in Yemen (Aqap) ha rivendicato oggi l'azione, organizzata per vendicare il profeta Maometto.



In questi giorni di terrore a Parigi, non ho potuto fare a meno di pensare a tutti i giornalisti uccisi dalla mafia, perchè considerati rei di aver attaccato Cosa Nostra e le sue collusioni, ma anche quelli uccisi dalla camorra, dalla 'ndrangheta, dal terrorismo o morti nell'esercizio del loro lavoro mentre si trovavano in luoghi di guerra.

Da Pippo Fava, direttore de "I Siciliani" un giornale aggressivo che attaccò frontalmente i grandi gestori degli appalti di Catania, in odor di mafia, che la sera del 5 gennaio 1984, nei pressi del Teatro Bellini a Catania, venne ucciso con cinque colpi di pistola sparati alla nuca.

A Beppe Alfano, corrispondente de "La Sicilia", ucciso dalla mafia a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) l’8 gennaio 1993 per aver avuto il coraggio di pubblicare i lati oscuri dei grandi appalti pubblici dell’asse Messina-Palermo.

E ancora Mauro Rostagno, che il 26 settembre 1988, nelle campagne di Lenz, frazione di Valderice in provincia di Trapani, cadde vittima di un agguato in perfetto stile mafioso, per le denunce che diffondeva con la conduzione di una trasmissione televisiva in onda su un'emittente privata trapanese.

Mario Francese, cronista giudiziario de “Il Giornale di Sicilia”, che venne freddato la sera del 26 gennaio 1979. Fu il primo giornalista a denunciare la pericolosità dei corleonesi di Totò Riina. Dopo ben 22 anni, nel 2001, sono stati condannati i componenti della cupola che decisero l’eliminazione dello scomodo giornalista. 

Peppino Impastato, sindacalista, che il 9 maggio 1978, nello stesso giorno in cui fu ritrovato il cadavere di Aldo Moro, venne rinvenuto con il corpo dilaniato da un esplosione. Impastato, pur non essendo iscritto all’albo dei giornalisti, iscrizione che gli venne tributata alla sua memoria, venne ucciso dalla mafia anche per la sua attività di denuncia degli affari mafiosi della borgata di Cinisi condotta con “Radio Out”.

Giovanni Spampinato, giornalista de “L’Ora” e “L’Unità” che, ad appena ventidue anni, venne ucciso il 27 ottobre 1972 mentre era impegnato a far conoscere con le sue brillanti inchieste l’intreccio di affari, trame neofasciste e malavita nella città di Ragusa. Per il suo omicidio venne condannato Roberto Cambria, figlio di un alto magistrato, allora Presidente del Tribunale di Ragusa.

Mauro De Mauro, che l 16 settembre 1970 viene prelevato sotto casa a Palermo. Da allora scomparve nel nulla. Cronista di razza, per conto del quotidiano del pomeriggio, “L’Ora” di Palermo, venne eliminato molto probabilmente perché aveva scoperto la verità sulla morte di Enrico Mattei, il presidente dell’Eni schiantatosi nel 1962 con il suo aereo nelle campagne di Bescapè, con una dinamica dai mille misteri. Aveva appena pubblicato una interessante inchiesta sui rapporti fra mafia e gruppi eversivi. Alcuni pentiti di ‘Ndrangheta affermarono che il corpo del giornalista era stato seppellito sull’Aspromonte, ma non è stato possibile a tanti anni di distanza, verificarne l’attendibilità.

Cosimo Cristina, il cui cadavere venne rinvenuto il 5 maggio 1960 all’interno di una galleria ferroviaria ed il fatto venne frettolosamente e rapidamente archiviato senza indagine alcuna quale “suicidio”. Solo dopo alcuni anni il vicequestore Angelo Mangano, divenuto in seguito famoso per l’arresto di Luciano Liggio, volle indagare richiedendo l’esumazione del cadavere per supportare la tesi che non fosse suicidio ma omicidio. Un mistero fra i tanti misteri non risolti delle Madonie di Sicilia. Pochi giorni prima di morire Cristina pubblicò un articolo su un periodico autoprodotto, “Prospettive Siciliane” nel quale ricostruì un delitto di mafia avvenuto a Termini Imerese.

E uscendo fuori dalla Sicilia ricordiamo il giornalista pubblicista Giancarlo Siani, che il 25 settembre 1985 venne eliminato dai sicari della Camorra a soli ventisei anni. Corrispondente de “Il Mattino” di Napoli aveva denunciato alcuni traffici di Torre Annunziata. E il direttore di OP, Carmine Pecorelli, ucciso nella capitale in circostanze ancora misteriose.

Piero Gobetti, che muore a soli 25 anni, il 16 febbraio 1926 a Parigi, dopo essere stato percosso dai fascisti. La stessa cosa che accade a Giovanni Amendola, bastonato nel luglio 1925 e che morirà a Cannes il 7 aprile 1926. 

I giornalisti Carlo Merli e Enzio Malatesta già capo redattore de “Il Giornale d'Italia“, entrambi aderenti al Movimento Comunista d'Italia - Bandiera Rossa, furono arrestati durante la Resistenza l'11 dicembre 1943 e fucilati per ordine del Tribunale Speciale Tedesco.

E ancora, l'ex vicedirettore de "La Stampa", Carlo Casalegno e l'inviato speciale del "Corriere della Sera" Walter Tobagi, presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti, entrambi assassinati dalle Brigate Rosse. Paradossalmente i nomi dei due grandi giornalisti mancavano nel 1999 nel muro della memoria nel Journalist Memorial, una suggestiva struttura di vetro, che si trova accanto al NewMuseum di Arlington-Virginia (USA) dove sono incisi circa 1400 nomi di giornalisti, fotografi e operatori morti nel mondo a partire dal 1812.

Il triestino Almerigo Grilz dell'agenzia di stampa Albatros fu ucciso in Mozambico nel 1987. Il 20 marzo 1994 furono uccisi insieme in Somalia Ilaria Alpi del Tg3 Rai e il telecineoperatore triestino Miran Hrovatin. A nome di Ilaria Alpi è intitolato il Concorso Giornalistico Roma per Roma. Un anno dopo, il 9 febbraio 1995, sempre in Somalia fu assassinato il telecineoperatore Rai Marcello Palmisano nell'agguato in cui rimase per fortuna solo lievemente ferita Carmen Lasorella.

Poi toccò ad altri tre triestini il giornalista Marco Luchetta e gli operatori Alessandro Ota e Dario D'Angelo, assassinati a Mostar in Bosnia. A loro tre unitamente a Hrovatin è intitolata l'Associazione solidarietà internazionale Trieste che gestisce la casa di accoglienza di via Volussi che ha aiutato tanti
minori a sopravvivere.

Quindi Antonio Russo, inviato di Radio Radicale, ucciso due anni fa sulla strada di Tblisi in Georgia. Russo fu l'ultimo a documentare la pulizia etnica a Pristina (Kosovo). E infine, il medico reporter Raffaele Ciriello in Palestina, Maria Grazia Cutuli del "Corriere della Sera" uccisa in Afganistan, sulla strada che da Jalalabad porta a Kabul; Enzo Baldoni, freelance ucciso in Iraq; Vittorio Arrigoni, a Gaza; e Andrea Rocchelli, in Ucraina.

Vite spezzate nel nome della verità. Contro chi vuole un giornalismo imbavagliato ed ossequioso al potere. Storie da non dimenticare. Per un mondo migliore. Un mondo possibile. Contro l’oblio e l’indifferenza. 

Si, dire "Io sono Charlie" può essere giusto ma oggi sento anche di aggiungere "Io sono Fava, Alfano, Impastato e tutti i giornalisti uccisi" perché più di tutto bisogna difendere il diritto alla libertà di pensiero.


©Antonella Di Pietro



Alcune notizie sui giornalisti sono tratte da una lettera di Pierluigi Roesler Franz, Presidente dell’Associazione Stampa Romana, a Franco Abruzzo, Presidente OgL.



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