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SPAZIO AL SUD PRESENTA "UNA VITA BIZZARRA" DI ELISABETTA VILLAGGIO

Rosa Furlan era arrivata a Roma all'inizio dell'autunno del 1969. Pochi mesi prima l'uomo aveva conquistato la luna e l'aria che si respirava era che tutto, o quasi, potesse essere possibile.

"Una vita bizzarra" è il romanzo di successo di Elisabetta Villaggio, figlia dell’attore Paolo che con nonno Ettore, ingegnere palermitano, Milena Privitera presenterà giovedì 30 ottobre, alle 18:30, nella splendida sala a vetri dell’Excelsior Palace Hotel di Taormina per "SPAZIO al SUD", la rassegna culturale dell’associazione "Arte & Cultura a Taormina", presieduta da Mariateresa Papale. 

Già regista di cortometraggi e documentari, autrice di programmi televisivi e teatrali di talento, Elisabetta Villaggio, dopo il saggio "Marilyn: un intrigo dietro la morte" tratto dalla omonima pièce teatrale, consegna alle pagine del suo primo romanzo - edito dalla "Città del Sole", agguerrita realtà editoriale calabrese - una sorta di amarcord in versione capitolina, l’affresco di un tempo e di una generazione, la sua, che ha vissuto in prima persona gli anni ’70. Quegli anni di speranza e "di piombo" fatti di rivoluzione sessuale e di cortei politici, rivendicazioni di libertà e attentati. E lo fa con la levità di tocco di uno stile tanto incisivo quanto semplice, tratteggiando sapientemente, con una scrittura piena di ritmo, ambienti, personaggi e situazioni descritti con minuzia e verità storica, citando canzoni e film dell’epoca, riportando il lettore all’atmosfera libertaria e trasgressiva di quegli anni intensi e, per certi versi, anche gioiosi. 

Fatta di slogan colorati e "pallosissimi cineforum" con l’immancabile, interminabile, dibattito accluso. Fatta di sabot e pantaloni a zampa d’elefante, di maglioncini peruviani e borse di Tolfa, di Eskimo d’ordinanza e scontri tra Fasci e Neri. Fatta di sesso libero, spinelli e guerriglie urbane. Anni al contempo "furibondi", intrisi di ideali, percorsi da un fortissimo impegno politico di una generazione intera che gridava la sua voglia, o meglio, la sua pretesa di cambiare il mondo. Che lottava perché la scuola fosse veramente di tutti, le donne potessero finalmente essere di se stesse, l’amore non avesse generi obbligati, il sesso fosse liberato da coercizioni matrimoniali, il divorzio rendesse giustizia di matrimoni "scoppiati". Ragazzi e ragazze, dai ceti mischiati, che in nome della giustizia sociale e della libertà dell’essere umano sognavano un’Italia senza discriminazioni e differenze convinti che "tutto, o quasi, potesse essere possibile". Figli di quella passione estrema segnata dai grandi ideali che guidava i loro animi - e le loro ribellioni - essi nell’immaginario collettivo sono, per antonomasia, "la meglio gioventù" e quelli della "rivoluzione tradita", ma anche quelli degli oltre 5.000 arresti per banda armata, ed, in definitiva, quelli che, nonostante le tante battaglie civili vinte - dalla legge Basaglia a quella sul divorzio – sono diventati adulti portando con sé l’amara consapevolezza di una sconfitta, personale e politica.

Ed Elisabetta Villaggio, figlia di quei tempi con il suo gruppo di amici, di quei giorni roventi ne fa lo sfondo, non passivo, di una storia di amicizia femminile che si dipana negli anni, che sembra interrompersi per sempre, che ricomincia là dove era nata più forte di prima. Un cerchio che si chiude, a parti quasi invertite, a siglare l’intenso legame che unisce sin da quando erano bimbette Rosa - catapultata nel 1969 da una baita in mezzo alla natura di Pieve di Cadore, con i maglioni pesanti di lana fatti dalla mamma e gli stivali adatti alla neve, ad una portineria priva di luce di un palazzo dei Parioli - e la solare, disinvolta Benedetta, figlia della Roma-bene, che ai piani alti di quel palazzo vi abita con la sua famiglia colta, ricca, giramondo in cui dissapori e frustrazioni vengono ricoperti da strati di ipocrita finzione perbenista. 

E’ di Rosa l’Io narrante. Di una Rosa un po’ cupa e assennata, divoratrice di libri, cui la frequentazione della casa amica apre uno scenario di vita altrimenti impensabile per la figlia di un rozzo falegname veneto, determinandone l’arricchimento culturale, l’evoluzione intellettuale, lo sviluppo emotivo che la porteranno a distanziarsi sempre più dai familiari ed a prendere in mano la propria vita facendone, dopo traversie e cadute, una vita "bizzarra" e vincente. Seguirle nella loro crescita, vederle diventare giovani donne condividendone le esperienze formative, gli amori e le delusioni, i viaggi in tenda e lo scorrazzare in motorino per le vie di una Roma infiammata dalle rivendicazioni studentesche è sì un viaggio a ritroso nel tempo per molti lettori che di quella generazione fanno parte, ma diviene, per tutti, un viaggio intimo tra le emozioni, le speranze, le lotte interiori: una lettura che scorre veloce, un romanzo modernissimo ma per certi versi dal sapore "antico" carico com’è di sentimenti e, perché no, di romanticismo.

La prefazione è di un Villaggio padre legittimamente orgoglioso e sapidamente in vena di autocritica generazionale: "Ho rivissuto 40 anni della mia vita accompagnato dagli occhi di una giovane donna. Il punto di vista è completamente diverso da quello di noi vecchi. Avevamo la certezza di averlo vissuto solo noi, e che i giovani l’avessero passato con la solita spensieratezza, quasi che la cosa non li riguardasse. Invece no, erano loro i veri protagonisti! Quelle guerriglie urbane non erano ragazzate o una specie di carnevali del sabato pomeriggio. Non erano cortei di ragazzi viziati dal benessere e noi vecchi non abbiamo capito che stavano difendendo il loro futuro… Insomma, si sono liberati con molta fatica di obblighi e di leggi quasi medievali."

La presentazione di "Una vita bizzarra" nell’ambito di "Spazio al Sud" è organizzata dall’Associazione "Arte & Cultura a Taormina", sostenuta dal Comune di Taormina, Taormina Arte, Associazione Imprenditori per Taormina e sponsorizzata da Associazione Albergatori di Taormina, Metropole Taormina Maison d'Hôtes ed Ottica Fiumara.


Elisabetta Villaggio ha studiato Filosofia all'Università di Bologna e frequentato un Master in Cinema e televisione a Los Angeles all'Usc (University of South California). Ha lavorato in televisione come assistente alla regia, regista, autrice e consulente per programmi Rai, Mediaset, La7 e insegna alla Rufa (Rome University of Fine Arts). La sua produzione artistica annovera, tra le altre cose, un cortometraggio, "Taxi", selezionato alla Mostra del Cinema di Venezia, la direzione del film "Luna e le altre", il documentario "Paolo Villaggio: mi racconto" e l'opera teatrale "Marilyn, gli ultimi tre giorni" tratta dal suo libro "Marilyn: un intrigo dietro la morte" (Bonanno Editore) pubblicato nell'ottobre 2012,  e scritto la mise en scène "Io sono Virginia", rappresentata a maggio 2013. 

Da "Una vita bizzarra":

1969. Rosa è una bambina di dieci anni che vive in Veneto, a Pieve di Cadore. Con la famiglia e il fratello si trasferisce a Roma dove i genitori, dopo mille insistenze della madre che vuole lasciare il paese in mezzo alle montagne per andare a vivere in città, hanno trovato lavoro come portinai di un palazzo nel quartiere Parioli. Benedetta vive nell’attico, è figlia di un noto psichiatra di grande apertura mentale. Rosa e Benedetta sono in classe insieme e diventano subito amiche per la pelle.
Con Benedetta, Rosa passa tutta la sua adolescenza, il motorino, i primi baci, le prime feste in una Roma effervescente e densa di cambiamenti. La lotta politica, i primi viaggi, i primi amori, tutto con lo sfondo di una Roma anni ’70 prima e poi quella degli anni’80. Dopo una serie di fatti tragici le due amiche si dividono. Rosa abbandona Roma per Londra e si lascia dietro di sé tutto quel che di negativo c’era stato nella sua vita. Dopo vent’anni, quando le loro vite avranno preso una piega diversa e i loro ruoli si saranno capovolti, Rosa e Benedetta si incontreranno nuovamente per scoprire se l’amicizia di un tempo esiste ancora.

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