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INTERVISTA AD ANTONIO CATTINO AUTORE DI "COLA 'U PISCI"

Intervista ad Antonio Cattino autore del racconto “Cola ‘U Pisci”, sottotitolo "Nel Mito di Colapesce" (Di Nicolò Edizioni).


Antonio Cattino è alla sua prima pubblicazione. Quando si attendeva finalmente la pubblicazione  di una sua silloge poetica in lingua italiana o in siciliano, compare invece un racconto su Colapesce, recentemente presentato al Monte di Pietà di Messina. Ciò accade nell’ambito di un progetto che lo vede impegnato insieme ad Antonello Irrera,  regista ed artista a tutto tondo, che intende dare luce dallo Stretto di Messina, alla figura mitologica di Colapesce in un lavoro cinematografico (lungometraggio) che presumibilmente sarà girato dalla prossima primavera. Nel cortometraggio "Feedback - Colapesce - Flusso luminoso" il personaggio di Colapesce è stato interpretato da Massimo Giacoppo, pallanuotista messinese, oggi difensore della Pro Recco di Genova e della Nazionale Italiana,campione olimpionico a Londra 2012 (medaglia d’argento), il quale sarà riconfermato per interpretare lo stesso ruolo nel prossimo lungometraggio.


Il libro “Cola ‘U Pisci” è corredato da immagini che riproducono stupendi acquerelli di Manuela Cattino, apprezzata pittrice e scultrice messinese, trasferitasi da molti anni a Genova, nonchè sorella dell'autore del racconto. Mentre, la copertina raffigura la scultura in pietra e metalli "Colapesce", opera dell'artista Antonello Irrera. La prossima presentazione del libro è prevista per giovedì 19 giugno, alle ore 19:00, presso il Feltrinelli Point Messina.

Acquerello di Manuela Cattino

Abbiamo incontrato Antonio Cattino e gli abbiamo rivolto alcune domande:

Come è nato questo progetto?

"Il progetto è nato nel 2012, con l’annuncio da parte di Antonello Irrera dell’inizio della lavorazione di un cortometraggio Feedback - Colapesce  - Flusso Luminoso che narra del ritorno di Colapesce ai giorni nostri e dell’incontro con Nina, una ragazza di Torre Faro che fa la maestra elementare, che a lui ricorda la principessina Costanza, figlia di Federico II, di cui si era innamorato tanto tempo fa. In questo cortometraggio vi è quindi un gioco su piani temporali diversi, passato e presente che seppur accennati, nell’economia del cortometraggio, mi  hanno stimolato e ispirato nel lavoro di stesura del racconto che ho scritto, su invito dello stesso Antonello Irrera  quale soggetto per il suo lungometraggio. Con Antonello, quindi, già prima della presentazione privata del cortometraggio al Cinema Lux, avvenuta nello scorso dicembre a Messina, è iniziata una collaborazione nel progetto del film. Diciamo che ho iniziato a scrivere il racconto nel mese di agosto 2013, terminandone la stesura nel mese di aprile 2014. Si pensa anche a qualche altra cosa, ma diamo tempo al tempo…"

Ti definisci un poeta, uno scrittore, uno storico o, più semplicemente, un uomo innamorato della sua Terra? 

"Lascio agli altri ogni definizione sulla mia attività letteraria, sicuramente mi piace scrivere e quindi manifestare le mie sensazioni, i miei stati d’animo, come spesso le mie riflessioni. Scrivo poesie se così si possono definire i miei versi  e racconti brevi. Chiunque scrive si mette in gioco, di questo ne sono consapevole, ho qualche altro vecchio racconto nel cassetto, tante poesie, versi che ho anche disperso e perduto nei miei numerosi traslochi o cambi di città, nel corso della mia vita. Qualcosa è rimasto e si aggiunge alle nuove produzioni. No, non sono assolutamente uno storico, quello dello storico è un mestiere molto serio, che ha bisogno di grande conoscenza e di un metodo di ricerca che un autodidatta come me non può possedere. Certo, la Storia mi piace, ma non contate su di me per leggere saggi o romanzi storici. Io mi definisco con una certa dose di autoironia “un racconta storie”, non un cantastorie però, che è una forma di arte antichissima e nobilissima, ma qualcosa di diverso, che per me è affascinante. Mi piace quindi mettere in campo la fantasia, scomporre e ricomporre la Storia ed anche la Mitologia, mettere questi elementi al servizio della novella o del racconto che voglio costruire per farne una storia che abbia un obiettivo, quello di valorizzare la mia terra e di creare interesse anche in lettori che non siano abitanti  dello Stretto di Messina, ma di altri posti, e non solo in Italia".

Secondo te Messina è una città più magica o esoterica ? E quanto hanno influito le leggende ed i miti siciliani sul mistero che aleggia nello Stretto ?

"Questa è una bella domanda, ha molto a che fare con la mia attività poetica, ed innanzitutto  con la sensibilità connaturata nelle genti dello Stretto di Messina, e di cui la poetessa Maria Costa (nel registro dei “Tesori Umani Viventi” dell'Unesco, n.d.r.) ne è la testimone e l’esegeta, unica per forza interpretativa. Ma ritorniamo alla domanda, ricordo per tutti gli anni ’50 e buona parte degli anni ’60 del secolo scorso un intenso andirivieni  fra Messina e la Calabria di donne e personaggi strani che sembravano uscire dalle fiabe, “le Bagnarote” con le loro ceste piene di pesci, dolciumi calabresi, salcicce e salumi piccantissimi che tenevano in bilico sul capo, ornato da corone di trecce di capelli, che insieme all’abbigliamento tradizionale costituito dalle lunghe ed ampie gonne a strati e con i corpetti allacciati che ne sorreggevano il busto, davano loro un aspetto ieratico da “Magna Grecia”. Talvolta si vedevano circolare personaggi maschili come i massari e contadini calabresi, sempre vestiti di scuro velluto che, accompagnati dalle loro donne velate da lunghi fazzoletti neri, giravano per i negozi di Messina, per comporre con i loro acquisti il corredo per il matrimonio delle figlie. Queste scene raccontate con maestria da Stefano D’Arrigo o da Vincenzo Consolo,  io le ho viste e so che questi personaggi, spesso facevano una capatina presso le tante 'mavare', ovvero indovine e fattucchiere che vi erano a Messina in tutti i quartieri. Il compianto prof. Giuseppe Cavarra, ha indagato molto anche su questo versante, lui era consapevole che il giro delle 'mavare', il loro darsi da fare in attività divinatorie rappresentava l’eredità del mondo antico. La magia, che spesso veniva praticata a livello popolare, aveva estimatori anche negli strati più alti della popolazione che non disdegnavano di incaricare qualche nota 'mediatrice sensitiva' per pratiche divinatorie e per combattere invidia e malocchio. La Magia veniva interpellata ed attivata, nelle sue pratiche anche nelle propiziazioni sulla salute, di familiari e congiunti che soffrissero di qualche malattia particolare, che resisteva ai farmaci ed alle cure mediche ufficiali. Si mettevano in essere quindi le novene notturne, quella di San Giovanni era la più diffusa e si officiava di solito sul poggio ove è situata la chiesa di San Giovanni decollato, poggio che fu in passato la sede delle esecuzioni capitali che si effettuavano a Messina nell’antichità. Poi vi era quella meno diffusa, ma più forte come coinvolgimento emotivo ed intensa caratterizzazione misterica, la Novena a San Giorgio Cavaliere, che solo poche donne sapevano officiare, essa era di origine calabrese. Quando la novena riusciva si potevano trarre gli auspici per le domande richieste, dal modo come San Giorgio si fosse manifestato  ai  convenuti: se a piedi il responso sarebbe stato negativo, inteso per infausto, invece se si fosse presentato a cavallo, il responso sarebbe stato positivo e fausto. Che dire poi delle decine di migliaia di morti del terremoto del  1908? Molti dei quali sono rimasti sepolti per sempre sotto le macerie dell’immane sisma?  Ma anche dell’espansione edilizia ed abitativa che la città nel tempo ha avuto, per forza di cose, coprendo le antiche necropoli greche, romane e bizantine. Messina ha quindi una base importante ed estesa per l’esoterismo. Sette di vario tipo non solo massoniche hanno proliferato nella nostra città, dai dignitosi ed innocui gruppi di studio dei fenomeni misterici, fino agli oscuri gruppi che si danno alle messe nere di recente scoperta nell’ambito del Gran Camposanto, con profanazione di tombe e asportazioni di ossa ed altri reati. Quello che fu un tempo un ambito tradizionale della cultura popolare, rivestendo spesso il significato di un affiancamento domestico o rurale della religione ufficiale, più o meno tollerato dalla Chiesa, oggi si è trasformato in un movimento di esoterismo dalle varie facce che danno a Messina la caratteristica di città esoterica, seconda solo a Torino. Una città magica connaturata alla magia ed ai miti dello Stretto ha lasciato il posto, in una sorta di regressione culturale che investe ampi strati della popolazione di tutte le estrazioni sociali. Ciò sarà anche il prodotto di un difetto di memoria storica, di vuoti nell’auto racconto collettivo della nostra società, dal punto di vista storico, delle tradizioni artistiche e culturali, di quel vissuto cittadino pre 1908 molto più gratificante ed importante di quello attuale".

Il messinese, dunque, deve riappropriarsi della sua identità storica anche dal punto di vista "magico", base essenziale per conoscere e amare la nostra Terra. Come giustamente affermava il grande scrittore Leonardo Sciascia «L'intera Sicilia è una dimensione fantastica. Come si fa a viverci senza immaginazione?». E nel tuo libro si "respira" questa immaginazione?

"Il mio racconto “Cola ‘U Pisci”, insieme al cortometraggio di Antonello Irrera, nel diventare progetto culturale oltre che film e spettacolo, vogliono essere anche lo stimolo per una ripartenza del magico nella nostra città ed in tutta l’area dello Stretto, che si rituffano  in  uno Stretto che rimane magico nonostante tutto. Uno Stretto in cui i miti e le leggende, nonché il patrimonio culturale e paesaggistico, danno a questa porzione di Mediterraneo una sorta di “AURA”, di magica iridescenza capace di guidare col ritorno al ricordo del passato, un nuovo racconto collettivo fatto  di rinascita e di coscienza civica ritrovata. Non a caso, infine, la proposta già in itinere di ottenere da parte dell’Unesco la dichiarazione di “Patrimonio dell’Umanità” dello Stretto di Messina, risulta quanto mai giustificata e piena di significati. La Magia dello Stretto, quindi, che si riespande nelle terre e nelle città che esso bagna, con la scommessa di coinvolgere, partendo dalle nuove generazioni, le popolazioni rivierasche".

Spiega ai nostri lettori perchè consigli il tuo libro.

"In questo racconto ho voluto creare il clima e l’immagine possibile della Messina del 1200, con i suoi posti topici: il Castello di Ruggero, la Cattedrale, la Riviera Nord  con le sue antiche vestigia. Vi sono anche le magistrature civiche del tempo, la sua potenza marittima e commerciale, il suo orgoglio di essere comunità, con cui il grande Re entra per forza di cose prima in conflitto e poi in rapporto costruttivo. Il popolo consapevole della propria dignità, diventa cornice attiva degli  episodi descritti. Una parte importante è dedicata a Milazzo e al comprensorio del Mela: Milazzo entra  nel racconto da protagonista col suo Castello, con l’antico approdo di Vaccarella. In esso quindi, vi sono diversi elementi costitutivi, la Poesia la fa da padrona, specie negli episodi d’amore, prima con Teti moglie di Oceano e poi con la principessina figlia del Re, e prima ancora con l’ingresso nella narrazione della  Fata Morgana che determina l’origine marina di Colapesce, facendone di questo racconto una  Fiaba che interessa tutta l’Area dello Stretto e quindi anche la Calabria. Poi vi sono le tradizioni popolari dei pescatori di Torre Faro e della Riviera, il clima storico con cui hanno convissuto, si… vale la pena di leggerlo, ma anche di discuterlo in senso favorevole o se si vuole critico, ciò mi aiuterà anche per una mia seconda edizione di questo racconto, che ho in testa e di cui ho già tracciato qualche appunto".

Ti conosciamo anche come apprezzato e stimato poeta, a quando una tua raccolta di poesie?

"C’è qualcuno che dice che la Poesia non serva a nulla se non ad esprimere sentimenti  individuali ed intime sensazioni delle persone che hanno il dono di essere poeti o si dilettano a scrivere versi, un’arte che parte dall’intimo dei poeti e che fa poca strada nel sentire comune delle persone; anche se qualcosa di ciò per certi aspetti può essere vero, non è il mio pensiero. Io riconosco alla Poesia un valore artistico primario. La Poesia non può mentire, il poeta non può dissimulare i suoi sentimenti, il poeta infine 'costruisce' e semina i germi di nuovi modi di essere e nuove architetture di vita e di pensiero, a volte anche un nuovo lessico. Ma la Poesia è poco letta, ha una circolazione limitata. Ciò mi ha frenato dal  pubblicare, ma dovrò farlo per sistemare la mia produzione in almeno due pubblicazioni una in siciliano ed in dialetto messinese e l’altra in lingua italiana, spero presto".

Attendendo, quindi, una tua silloge di poesie, torniamo al tuo racconto per chiederti cosa rappresenta per te Colapesce sia come mito sia come uomo.

"Quello dell’uomo-pesce è un Mito antichissimo, forse portato dai Siculi se non addirittura dai Sicani, a cui nel periodo della  dominazione normanno-sveva, che seguì la cacciata degli arabi dalla Sicilia, si diede una connotazione precisa, un nome Cola che è diminuitivo di Nicola, ed una storia che in diverse versioni ed elaborazioni si è tramandata fino ai giorni nostri. L’uomo pesce è fin dall’antichità più remota il guardiano degli stretti, è testimone della fondazione delle città sulle loro sponde, una sorte di custode della tranquillità delle popolazioni e delle attività rivierasche come quelle della pesca o del cabotaggio. Per me, oggi, riprendere il Mito di Colapesce significa dare, seppure nella forma di una fiaba, un eroe positivo all’opera di ricostruzione della nostra società. L’esempio di Colapesce che sceglie di sostenere la colonna che sorregge questa parte della Sicilia, assegnandosi una missione altruistica e disinteressata in favore del proprio popolo, assume valore didascalico pieno di significati positivi per il presente. Ma ancora, la sua voglia di scoprire nuove frontiere, superando le ragioni del tempo e della stessa Storia. Violare le Colonne d’Ercole, scoprire nuovi popoli, immergersi nelle acque di Atlantide, sfidare mostri marini, interagire con Dei e figure mitologiche; entrare in combattimento contro i pirati che vogliono depredare le isole Eolie e Lipari, contribuendo con la sua opera alla loro sconfitta e distruzione,sono fatti che rappresentano  per me la personificazione di quell’eroe positivo di cui prima parlavo. Questo eroe positivo è un messinese, è un abitatore di questo microcosmo dalla grande storia e dalle affascinanti leggende che è lo Stretto di Messina, ma può essere valido come esempio universale. Colapesce, quindi, assurge a simbolo di 'un uomo nuovo' che agisce per cambiare la realtà che lo circonda. Inoltre, il suo rapporto con il potere assolutistico e dispotico di quel re che, per gelosia dell’ amore corrisposto verso la figlia, la principessina Costanza, gli impone prove su prove, con l’intento malcelato di eliminarlo, ne fanno un esempio di lealtà, concetto  di cui oggi  abbiamo bisogno, come abbiamo bisogno anche  del suo esempio di solidarietà e di altruismo verso il popolo di cui è figlio… fino alle estreme conseguenze. Ma, a questo punto, è consigliabile e doveroso leggere il racconto, come si suol dire... per  saperne di più…".

Un'ultima domanda, esiste un nuovo Colapesce oggi a Messina?

"No, non esiste, ma tanti giovani che amano davvero la loro città e vorrebbero liberare Messina dalle catene della cattiva politica e dall'inquinamento ambientale potrebbero diventarlo, qualunque cosa costi loro..!


©Antonella Di Pietro


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1 Commenti
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  1. Grazie Antonella Di Pietro per la bella intervista, voglio riportare un commento di Giovanna Battaglia , per lungo tempo compagna di scena del compianto Massimo Mollica, bravissima attrice di teatro, che alla prima presentazione del racconto al Monte di Pietà, dopo aver interpretato due brani dello stesso, ha così voluto esprimere il suo apprezzamento per il racconto : <Giovanna Battaglia ( attrice ) “Racconto appassionante , in cui tradizione e mito si mescolano dando luogo a un canto in cui tutte le sonorità della nostra terra si uniscono ai moti dell'animo ; " Colapesce ci tiene per mano e ci porta nel profondo del nostro sentire la terra e il mare come luoghi sacrali , da cui tutto origina , da cui noi proveniamo e verso i quali andiamo "
    in questo modo

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