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PRESENTAZIONE DEL LIBRO “COSTANZA D’ARAGONA, SOVRANA E CLARISSA”


Nella Chiesa di Santa Eustochia Smeralda, Monastero di Montevergine a Messina, avrà luogo oggi pomeriggio, alle ore 18:30, la presentazione del libro di Rosa Gazzara Siciliano "Costanza d'Aragona Sovrana e Clarissa" (Di Nicolò Edizioni).

All'incontro con l'autrice, moderato dalla giornalista Gisella Cicciò, interverranno Mons. Pietro Aliquò, Cancelliere della Curia Arcivescovile e Cappellano di Montevergine, e Carlo Marullo di Condojanni, Presidente della Fondazione Donna Maria Marullo di Condojanni. Nel corso dell'evento si esibiranno la violinista Viola Adàmova e l'organista Carmine Calabrese. 

La lettura di questo libro, dalla prosa fluida e avvincente, consente di attingere a una miniera di notizie storiche che compongono il ricco mosaico delle vicende gloriose e drammatiche del Regno di Sicilia e del Sacro Romano Impero tra la fine del XII e l’intero arco del XIII secolo, allorché la nostra Isola, come non mai, si trovò al centro della storia europea.

Figlia di Manfredi, Re di Sicilia, e nipote dell'Imperatore Federico II, Costanza d'Aragona, nata nel 1247, sposò a Mont­pellier Pietro III il Grande d'Aragona nel 1262. Dal matri­monio nacquero sei figli, tra i quali Santa Elisabetta, Regina del Portogallo. Devotissima dell'Ordine Francescano, Costanza nel 1268 costruì il monastero di S. Chiara di Huesca e favorì poi largamente altre fondazioni e conventi. Incoronata col marito a Sa­ragozza nel 1276, visse le delicate vicende delle guerre nazionali e della contesa del regno angioino di Sicilia da parte del marito, in gravi contrasti con il papa Martino IV, che appoggiava Carlo d'Angiò. Fu reggente durante la spedizione di Pietro in Africa e Sicilia (1282).

Avuto il Regno di Sicilia dopo i "Vespri", Costanza si trasferì con i figli e governò con giustizia e prudenza in nome del marito e, dopo la morte di questo (1285), ac­canto al figlio Giacomo, sovrano del regno. Nel 1294 fondò un Monastero di Clarisse a Messina e vi professò la regola di Santa Chiara. Proclamato Re di Sicilia il figlio Federico e scomunicato da Bonifacio VIII che aveva riconosciuto i diritti degli angioini, Costanza obbedì ossequiosa al mandato del Papa, il quale le aveva ordinato di lasciare la Sicilia, e, nel 1296, si trasferì a Roma dove l'anno seguente, per desiderio di pace, concertò il matrimonio di sua figlia Jolanda (Violante) con Roberto, duca di Calabria e figlio di Carlo II d'Angiò che, fatto pri­gioniero dagli aragonesi nel 1284, aveva avuto salva la vita per l'intercessione di Costanza presso il marito.

Dopo un breve soggiorno a Napoli accanto alla figlia, Costanza tornò a Roma e nel 1299 passò a Barcel­lona, dove legalizzò il testamento col quale, tra l'altro, ordinò la costruzione di due ospedali per i poveri, uno a Barcellona e l'altro a Valencia, sotto il governo e l'amministrazione dei Frati Minori. Morì a Barcellona l'8 aprile (venerdì santo) del 1300 e fu seppellita nella Chiesa del Convento di S. Francesco. Inesattamente alcuni cronisti fissano la data della morte al 1301 o al 1302 e il seppellimento nella Chiesa di S. Chiara di Barcellona, oppure a Messina. Le sue spoglie, che rimasero nella Chiesa di S. Francesco fino al 1835, furono trasferite nel 1852 in una cappella del chiostro della Cattedrale. È ricordata il 17 luglio.

Nella Divina Commedia, il Sommo Poeta Dante cita Costanza d'Aragona detta anche Costanza II di Sicilia, o Costanza di Svevia o Costanza di Hohenstaufen, nel III canto del Purgatorio, incontrando suo padre Manfredi, con le altre anime degli scomunicati, che vagano ai piedi della montagna, fuori dai cancelli del Purgatorio, nel primo ripiano dell'antipurgatorio, chiamandola la "buona Costanza".

«Poi sorridendo disse: "Io son Manfredi,nepote di Costanza imperadrice;ond’io ti priego che, quando tu riedi,vadi a mia bella figlia, genitricede l’onor di Cicilia e d’Aragona,e dichi ’l vero a lei, s’altro si dice....Vedi oggimai se tu mi puoi far lieto,revelando a la mia buona Costanzacome m' hai visto, e anco esto divieto;ché qui per quei di là molto s'avanza".»

(Dante Alighieri, Divina Commedia, Purg. c. III, vv. 112-117 e 142-145)




A.D.P.



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