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I COMMERCIANTI MESSINESI DICONO NO AL PIZZO


Stamani, alle ore 10:00, nel Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca a Messina, è stata presentata la prima lista di commercianti, imprenditori e liberi professionisti aderenti alla campagna “Pago chi non paga”. Erano presenti il sindaco, Renato Accorinti, l'assessore alla Legalità, Patrizia Panarello e il presidente di Addiopizzo, don Terenzio Pastore organizzatore dell'iniziativa.

Per la prima volta a Messina, nonostante una comune sottovalutazione del fenomeno, un gruppo di commercianti si espone, dichiarando pubblicamente di non pagare il pizzo ed a loro oggi è stata consegnata la vetrofania del consumo critico alla presenza delle Autorità civili e militari. La Commissione di Garanzia è composta da don Terenzio Pastore, Enrico Interdonato ed Enrico Pistorino del Comitato Addiopizzo Messina; Tano Grasso e Pippo Scandurra (FAI); Clelia Fiore e Pasquale Casale (ASAM); Enzo Caccamo (Dipartimento legalità Cgil); Angela Sturiale (Progetto Policoro Arcidiocesi di Messina); Salvatore Zanghì (Squadra Mobile a riposo); Domenico Carzo (docente universitario); Piero Campagna e Gianluca Manca (familiari di vittime di mafia) e Nuccio Anselmo (giornalista esperto di mafia). Tutti i cittadini sono invitati a partecipare alla campagna in qualità di consumatori (ad oggi le adesioni sono più di mille), che si impegnano ad acquistare negli esercizi commerciali aderenti, dimostrando così vicinanza e sostegno nei confronti di chi denuncia il pizzo. 

Come è noto la campagna di consumo critico di Addiopizzo, nata a Palermo nel 2006 dove oggi conta su più di 800 attività commerciali, successivamente diffusa anche a Catania a partire dal 2010, oggi è presente anche a Messina. In questi anni Magistratura e Forze dell’Ordine sono state impegnate, ottenendo numerosi successi investigativi, nella repressione delle organizzazioni mafiose in particolare nella lotta al pizzo. Numerosi sono stati anche i moniti del Procuratore della Repubblica, Guido Lo Forte e più di recente, nel suo insediamento, del Questore di Messina, Giuseppe Cucchiara, rispetto alla portata ed al radicamento delle pratiche estorsive, pizzo e usura. 

Il pizzo, nel gergo della criminalità mafiosa italiana, è una forma di estorsione praticata dalla mafia che consiste nel pretendere il versamento di una percentuale o di una parte dell'incasso, dei guadagni o di una quota fissa dei proventi, da parte di esercenti di attività commerciali ed imprenditoriali, in cambio di una supposta "protezione" (termine generale identificativo di tale tipo di estorsione) dell'attività. L'utilizzo del termine nel senso criminale di tangente estorta, nasce nell'ultima metà del XIX secolo ed è probabilmente un'espressione giornalistica, riportata nelle cronache del tempo.

In particolare, la parola pizzo viene direttamente dal siciliano “u pizzu” in riferimento al becco degli uccelli. Un antico detto siciliano recitava “vagnari un pizzu”, far bagnare il becco, cioè dare un bicchiere di vino a persona da cui si fosse ricevuto un favore in segno di ringraziamento. Da questa espressione gentile è venuto poi l’uso – ben più sgraziato – di far bagnare il becco, in senso metaforico, cioè il “pizzo” ai mafiosi, a danno di commercianti, artigiani e professionisti e tutti gli esercenti di attività economica.


A.D.P.


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