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ROBERTO SAVIANO: "SCRIVERE DI COCAINA E' COME FARNE USO"

Roberto Saviano, sette anni dopo "Gomorra" torna con il romanzo-verità "Zero Zero Zero", Feltrinelli Editore, un viaggio nell'inferno della cocaina.



"Scrivere di cocaina è come farne uso. Vuoi sempre più notizie, più informazioni, e quelle che trovi sono succulente, non ne puoi più fare a meno. Sei addicted. - dice l'autore - Anche quando sono riconducibili a uno schema generale che hai già capito, queste storie affascinano per i loro particolari. E ti si ficcano in testa, finché un'altra, incredibile, ma vera, prende il posto della precedente. Davanti vedi l'asticella dell'assuefazione che non fa che alzarsi e preghi di non andare mai in crisi di astinenza. Per questo continuo a raccoglierne fino alla nausea, più di quanto sarebbe necessario, senza riuscire a fermarmi. Sono fiammate che divampano accecanti. Assordanti pugni nello stomaco. Ma perché questo rumore lo sento solo io? Più scendo nei gironi imbiancati dalla coca, e più mi accorgo che la gente non sa. C'è un fiume che scorre sotto le grandi città, un fiume che nasce in Sudamerica, passa dall'Africa e si dirama ovunque. Uomini e donne passeggiano per via del Corso e per i boulevard parigini, si ritrovano a Times Square e camminano a testa bassa lungo i viali londinesi. Non sentono niente? Come fanno a sopportare tutto questo rumore?".

"Non esiste mercato al mondo che renda più di quello della cocaina. - racconta Saviano - Non esiste investimento finanziario al mondo che frutti come investire in cocaina. Dietro il suo candore nasconde il lavoro di milioni di persone. La coca la sta usando chi è seduto accanto a te ora in treno e l’ha presa per svegliarsi stamattina o l’autista al volante dell’autobus che ti porta a casa… Fa uso di coca chi ti è più vicino. Se non è tuo padre o tua madre, se non è tuo fratello, allora è tuo figlio. Se non è tuo figlio, è il tuo capoufficio… Se non è lui, è l’infermiera che sta cambiando il catetere di tuo nonno e la coca le fa sembrare tutto più leggero, persino le notti. Se non è lei, è l’imbianchino che sta ritinteggiando la stanza della tua ragazza, che ha iniziato per curiosità e poi si è trovato a fare debiti. Chi la usa è lì con te. La usa il portiere del tuo palazzo, ma se non la usa lui allora la sta usando la professoressa che dà ripetizioni ai tuoi figli… Il sindaco da cui sei andato a cena. Il costruttore della casa in cui vivi, lo scrittore che leggi prima di dormire… Ma se, pensandoci bene, ritieni che nessuna di queste persone possa tirare cocaina, o sei incapace di vedere o stai mentendo. Oppure, semplicemente, la persona che ne fa uso…".

Roberto Saviano, intervistato da El Pais, ammette che "Gomorra" gli ha "rovinato la vita":  "Ho distrutto la mia vita e quella delle persone intorno a me per cercare la verità. Da lontano può sembrare una cosa nobile ma non sento che lo sia. Forse, e dico forse, avrei potuto fare lo stesso, con lo stesso impegno e lo stesso coraggio, ma con saggezza, senza distruggere tutto. Invece sono stato impetuoso, ambizioso, e ho rovinato la mia vita". Lo scrittore napoletano vive "sepolto vivo" perchè dopo la pubblicazione di "Gomorra" disse di essere stato minacciato dalla camorra. E, nell'intervista confida di essere dipendente dei psicofarmaci: "Non posso condurre la mia vita senza chiedere il permesso. O uscire quando voglio con le persone che amo, senza doversi nascondere. A volte mi chiedo se finirò in un ospedale psichiatrico. Io ora ho bisogno di assumere psicofarmaci per andare avanti. Non ne abuso, ma di tanto in tanto ne ho bisogno. E questa cosa non mi piace. Quindi speriamo che tutto questo finirà un giorno". 

Un prezzo troppo alto da pagare per la notorietà nella quale, tuttavia, lo scrittore napoletano si sente come intrappolato, come se il personaggio Roberto Saviano fosse così tanto predominante nella sua vita, da non lasciargli altra scelta, infatti ammette: "Il vero problema è che quando hai raggiunto questo punto di notorietà, se vai indietro rischi di buttare via tutto quello che hai fatto. E qui la mia ambizione mi chiede: riuscirai a gettare a mare tutto questo lavoro, tutto quello che hai? E poi un altro dibattito si pone e mi imprigiona in tutto questo, ma che anche dà senso alla mia vita. Perchè io non sono solo uno scrittore del crimine. Voglio fare letteratura. E' questa la mia sfida".


Antonella Di Pietro



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