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TEMPLARI A MESSINA - STORIA DELL'ARCICONFR. DEGLI AZZURRI - PRESENZIA IL SINDACO ACCORINTI


Domani, venerdì 18 ottobre, alle ore 16,30, si terrà a Messina il primo degli appuntamenti del ciclo "Documenti rari dell'Archivio Storico", presso la Sala Lettura della Biblioteca Comunale Tommaso Cannizzaro, al primo piano del PalaCultura Antonello da Messina. Partecipano all’incontro Renato Accorinti, Sindaco di Messina; Salvatore De Francesco, Dirigente Dipartimento Cultura del Comune di Messina; Melina Prestipino, Direttore U.O. Beni Bibliografici e Archivistici della Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Messina; Dora Rattazzi, responsabile Archivio Storico Comunale; Giovan Giuseppe Mellusi, della Società Messinese di Storia Patria e Ermanno Crisafi, Governatore dell’Arciconfraternita degli Azzurri. 

Per l’occasione l’Archivio Storico mette in mostra documenti e materiali antichi riguardanti l’Arciconfraternita degli Azzurri. Si inizia con la presentazione di un prezioso manoscritto antico, assolutamente inedito: il Registro della Nobile Arciconfraternita degli Azzurri di Messina 1698-1720. Dove vi sono registrate le attività filantropiche della Confraternita. 

L'iniziativa promossa dall’Archivio Storico Comunale "Nitto Scaglione" propone una serie di incontri, programmati con scadenza mensile, con lo scopo di diffondere l'ampio patrimonio culturale posseduto dall’istituzione. Giovedì 24, alle ore 10, 00 si terrà una visita guidata all'Archivio storico e alla Biblioteca Comunale per gli studenti del corso di Metodologia della ricerca storica dell'Università di Messina.

Venerdì 25, alle ore 16,30, è prevista la presentazione del volume "Giuseppe Arenaprimo. Opere. Saggi (1900-1908)", a cura di G. Molonia, con gli interventi Sergio Todesco, Assessore alla Cultura di Messina; Salvatore De Francesco, Dirigente Dipartimento Cultura del Comune di Messina; di Patrizia Russo, responsabile della Biblioteca Comunale di Messina; della Prof. Luciana Caminiti, docente di Storia Contemporanea dell'Università di Messina e del Prof. Rosario Moscheo, docente di Storia della Scienza dell’Università di Messina e Segretario della Società Messinese di Storia Patria. 

Il termine "confratèrnita" deriva dal latino "fratèrnitas" e significa "fratellanza" o "adunanza di fratelli" dal latino "fratrès". E indica una congregazione di persone che nasce al fine di attuare opere di pietà e di carità e per incrementare le pubbliche pratiche di culto. Le Confraternite, riconosciute dalla Chiesa Cattolica, ebbero il periodo più fecondo tra la seconda meta del '500 e la prima del '600. Le origini degli istituti confraternali, la cui funzione si rafforzò nel XIII sec., si perdono nel Medio Evo. Per quanto riguarda la Sicilia si può affermare che nessun centro rimase immune dalla diffusione degli istituti confraternali tra il XVI e XVIII sec.. Dopo il 1530 si vanno formando le Arciconfraternite, facenti parte di una rete di Confraternite, che assolvevano a più opere pie ma anche a più obblighi, avendo però maggiori indulgenze. 

Durante il periodo fascista, con il decreto n. 1276 del 28 giugno 1934, veniva data alle confraternite la personalità giuridica. Le confraternite cattoliche presentano: un titolo preciso, un Santo o Mistero della fede cui la confraternita è dedicata; uno scopo definito da perseguire; un proprio statuto che regola i rapporti interni tra i suoi iscritti; e infine, un particolare abito (detto, a seconda delle regioni, "sacco", "cappa", "veste", ecc.) di precisi foggia e colore, per i confratelli e consorelle. 

La capillare penetrazione del Sovrano Militare Ordine dei Cavalieri di Malta nell’area mediterranea attraverso i secoli ha lasciato un profondo segno che è ancora oggi rilevabile anche attraverso le insegne, l’emblema-gioiello, elemento distintivo per eccellenza: la caratteristica croce dalle otto punte smaltata di bianco. A questo proposito, è estremamente interessante ricordare come la prima insegna dell’ordine gerosolimitano in Sicilia, "una croce piana e semplice" antecedente a quella che poi, nel corso dei secoli, sarebbe divenuta la più nota “croce di Malta”.

Tra i ritratti, assai più numerosi, di Cavalieri in Sicilia si ricordano i diversi dell’Arciconfraternita San Basilio degli Azzurri di Messina, importanti figure di nobiluomini che hanno ricoperto la carica di Governatori, come quello di Don Domenico Barone di Moncada della seconda metà del XVIII secolo, in cui un cartiglio elenca gli innumerevoli titoli nobiliari e ove il nobiluomo si fregia al collo di una croce di Malta bianca con giglietti d’oro sormontata da corona, come quelle ricordate del Tesoro della Madonna della Lettera di Messina. 

L'origine della Arciconfraternita degli Azzurri di San Basilio è legata alla predicazione di fra Egidio Romano, messinese ed eremitano di sant'Agostino, che tenne il quaresimale nel Duomo durante la primavera del 1541. Venne fondata da alcuni gentiluomini come Don Ettore Pignatelli, Viceré di Sicilia dal 1517 al 1534 e Don Ferdinando Gonzaga, Viceré di Sicilia dal 1535 al 1546 (il Forte Gonzaga che domina la città di Messina reca il suo nome). 

A Messina, l'Arciconfraternita degli Azzurri aveva nell'assistenza ai condannati a morte uno dei suoi scopi fondamentali. Infatti, ogni qualvolta doveva eseguirsi una condanna capitale, la Confraternita veniva informata con dei biglietti inviati dalla Regia Corte Stratigoziale, che emanava la sentenza, ed eseguiva immediatamente il proprio ufficio dapprima portando al condannato, giorno e notte e per tre giorni, gli aiuti e i conforti spirituali tramite alcuni confrati. Tale attività venne messa in pratica per la prima volta il 18 settembre 1542 nei confronti di un condannato alla forca il cui cadavere, dopo l'esecuzione, fu trasportato processionalmente e sepolto dai confrati nella chiesa parrocchiale di San Pietro dopo aver lungamente pregato in suffragio della sua anima. Inoltre, alcuni carcerati che si trovavano in carcere per debiti insoluti, grazie all'umanità dei membri dell'Arciconfraternita che saldarono le loro passività, furono scarcerati. Solitamente questo accadeva nella solennità del Santo Natale. 

Di notevole importanza fu anche l'aiuto dispensato dall"Arciconfraternita nei confronti delle fanciulle in povertà. Mentre  quelle che conducevano una vita disonorata, venivano aiutate per farle tornare sulla retta via. Nel 1543 fu così creato il monastero, sotto il titolo di Nostra Dama della Carità retto dalla regola di Santa Chiara, che accoglieva le peccatrici pentite. Al monastero fu annesso anche un ospizio per i pellegrini. Vi erano, però, delle regole per venire ammesse: avere almeno 25 anni; essere nubili; non avere figli e non essere troppo avvenenti!

Nel 1634, sotto il governatorato di don Marcello Cirino Barone di San Basilio venne fondato il monastero delle Stimmate di San Francesco sotto la regola di Santa Chiara, per tutte le fanciulle di nobile casato, ormai decadute. 

Un altro fine delle confraternite siciliane fu anche l'assistenza del trapasso dei confrati attraverso la sepoltura, opere di suffragio e volontà testamentarie. Una sorta di "beneficio funerario" che valeva solo per gli iscritti alla confraternita. Ogni confratello aveva diritto, in caso di trapasso e purché non si fosse trovato in debito con l'Arciconfraternita, alle esequie funebri. Il suo corpo sarebbe dovuto rimanere esposto 24 ore e in tutto questo tempo si sarebbero dovute accendere sedici torce e dodici candelabri. Nello stesso giorno dovevano essere celebrate sessanta messe lette ed una cantata e, alla presenza del Governatore, si sarebbe dovuto riporre il cadavere in una cassa e dargli degna sepoltura. 

Nel 1617 venne fondata a Messina la Confraternita della Madonna della Consolazione, che aveva il compito di seppellire i cadaveri dei poveri abbandonati per strada oppure annegati. 

L'Arciconfraternita degli Azzurri viene ricordata anche per un'altra opera di rilievo che aggiunse alle proprie attività: un ospedale per i più bisognosi. Un momento di importante spettacolarizzazione era costituito dalle processioni e dalle Quarantore, istituita l'1 gennaio 1642 e rimasta fino al terremoto del 1908 una delle tradizioni più care ai messinesi. La pratica delle Quarantore, secondo il Gallo, nacque a Messina a opera dei gesuiti mandati da Sant'Ignazio e con cui si intendeva, inizialmente , onorare Gesù Cristo per le 40 ore in cui era giaciuto nel sepolcro, prestandogli un' adorazione continuata: in seguito sarebbe prevalso l'uso di esporre il Santissimo per tre giorni consecutivi senza interruzione. 

Le confraternite della Sicilia promossero anche l'istituzione dei Monti di Pietà. Secondo il Maurolico, il primo Monte di Pietà sorse a Messina il 23 marzo 1493 per "soccorrere i poveri" esercitando soltanto compiti di assistenza, di carità e di beneficenza. Il Monte di Pietà finalizzato all'esercizio del credito pignoratizio fu quello fondato nel 1581 dall'Arciconfraternita degli Azzurri con lo scopo di aiutare quanti, costretti dal bisogno, svendevano ciò che possedevano. L'ente fu il più importante degli otto istituti di pegno che sorsero nella città e perciò fu detto anche il Monte Grande. Ricordiamo che nel 1575 una epidemia di peste, portata da una nave approdata in Siracusa, provocando la morte di circa 40mila persone, aveva logorato economicamente Messina e molti cittadini, per la disperazione, erano soliti rivolgersi agli usurai. La nascita di questi enti creditizi nacque proprio per contrastare il fenomeno dilagante dell'usura.

Lo Statuto del 1828 indica come ogni momento della vita confraternale fosse regolamentato con precise direttive, cui peraltro ogni componente doveva uniformarsi con senso di responsabilità e con spirito di collaborazione. A tali regole comportamentali non poteva sottrarsi nessuno. L'ammontare della quota stabilita per l'ingresso nella confraternita variava in base all'età dei soci che non dovevano esercitare mestieri infamanti, né essere inquisiti né darsi al gioco delle carte, pena espulsione. 

Così come avviene negli Ordini Templari, era assativamente escluso l'ingresso alle donne che restavano, dunque, fuori dalla vita associativa e venivano escluse dalle assemblee. In più non potevano ricoprire cariche pubbliche e neanche presenziare alle cerimonie ufficiali della Confraternita. E si dovevano accontentare solo di alcuni benefici spirituali e di una dignitosa sepoltura, dopo aver destinato la propria quota ereditaria alla Confraternita in cambio di alcune messe in suffragio. Tuttavia, le mogli e vedove di confratelli potevano utilizzare alcuni spazi per riservarsi ambiti di autonomia e privilegio. 

A Messina, come nelle altre città, la grande fioritura delle confraternite coincise con la fine del Concilio di Trento e si ebbe un grande proliferare di sodalizi sino alla distruzione della città avvenuta a seguito del terremoto del 28 dicembre 1908 che seppellì decine di migliaia di persone e con essa molta parte di storia. Distrutto anche il Monte di Pietà che riprese la sua attività negli anni della ricostruzione e fino al 5 gennaio 1942, data in cui, in ossequio ad un regio decreto, venne posto in liquidazione e incorporato alla Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele. 

L' opera filantropica di questi istituti fu comunque molto importante ove si consideri che in quell'epoca lo Stato era praticamente assente, stante l'assoluta mancanza di una adeguata politica sociale di assistenza agli indigenti. 


"Il nostro unico dovere nei confronti della storia è di riscriverla".
Oscar Wilde



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